Rituali islamici e territorialità in una città del Sud Italia
Eugenio Zito
Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II
Domenico Copertino, Rituali, migrazioni, territorialità. L’Islam e i musulmani a Bari, oggi, Edizioni di Pagina, Bari 2023, pp. 1-222, ISBN: 9788874709588.
In questo volume pubblicato nel 2023 con Edizioni di Pagina (Bari), nella collana Etnografie diretta da Ferdinando Mirizzi, Domenico Copertino riporta gli interessanti risultati di una ricerca antropologica condotta nella città di Bari, a partire dalle attività del progetto PRIN 2017 “Migrazioni, spaesamento e appaesamento: letture antropologiche del nesso rituali/migrazioni in contesti di Italia meridionale” coordinato da Berardino Palumbo.
Nel testo l’autore ci mostra come le pratiche rituali dei musulmani di Bari, in prevalenza migranti internazionali, attivino specifiche dinamiche territoriali che prendono forma negli spazi materiali e sociali dedicati al sacro, quali moschee e sale di preghiera, ma anche in percorsi urbani sacralizzati e ovviamente nelle attività che in essi vengono svolte. Copertino evidenzia attentamente come la territorialità di gruppi e associazioni islamici si esplichi in pratiche di coinvolgimento attivo delle persone nel proprio spazio, che si estende dall’edificio usato come specifico luogo di culto al quartiere più ampio che ospita le moschee, dalla città in cui si vive allo Stato che regola l’azione pubblica, dalle comunità locali fino alla ummah, la grande comunità internazionale, immaginaria e globale, di tutti i musulmani. In questo modo, attraverso diverse pratiche rituali, i musulmani residenti in una città del Sud Italia come Bari danno concretamente forma a processi di territorializzazione all’interno di spazi che un tempo erano a loro completamente estranei.
I fenomeni studiati da Copertino nella città di Bari ci mostrano chiaramente che quando i musulmani migrano i loro testi sacri non si trasformano, ma la dimensione performativa delle pratiche testuali si adatta in modo particolare ai diversi contesti in cui si spostano. Infatti rituali come quelli connessi alla preghiera territorializzano la devozione islamica e le risorse testuali che la esprimono all’interno dei luoghi specifici in cui ci si trova, come nel caso analizzato a Bari. In tale contesto, come Copertino evidenzia in modo dettagliato con la sua etnografia, la produzione di spazi islamici stabili quali moschee, sale di preghiera e sedi di associazioni ed altri transitori quali percorsi urbani sacralizzati e luoghi pubblici usati per rituali permette ai musulmani migranti di dare forma concreta alla già citata ummah. Quest’ultima viene attivata localmente da organizzazioni molteplici, con programmi e forme di leadership diversificati, spesso in concorrenza nello spazio pubblico [Copertino 2021].
Nel suo studio Copertino considera le pratiche di territorialità messe in atto dai gruppi musulmani come effettive forme di coinvolgimento attivo delle persone nei loro spazi. In questa specifica prospettiva di studio la territorialità è dunque intesa come un complesso di strategie finalizzate alla produzione, all’utilizzo e all’organizzazione degli spazi e, di conseguenza, al controllo delle risorse/persone coinvolte. L’autore, attraverso la sua ricerca, ha così cercato, da un lato di comprendere come avvenga, da parte di chi li vive, la costruzione sociale di determinati luoghi, dall’altro di restituire il controllo dei significati dei luoghi stessi a coloro che, pensandoli, costruendoli, adattandoli e così appropriandosene, di fatto li producono. In questo modo i luoghi si definiscono come costruzioni locali e multiple, politicizzate, culturalmente e storicamente specifiche. Inoltre diversi attori sociali costruiscono i propri luoghi, anche contestando i significati degli spazi e radicando l’esperienza nel territorio in modi diversi, soprattutto attribuendo significati specifici a dove scelgono di abitare.
La costruzione sociale dei luoghi, tuttavia, non si limita a un’attribuzione di significato allo spazio fisico, non concepibile come oggetto neutro a prescindere da interazioni e rappresentazioni sociali dei gruppi umani coinvolti nella sua definizione. La stessa produzione dello spazio sociale, ci avverte Copertino, è piuttosto un processo sociale molto complesso, che investe pienamente le persone implicate [Copertino 2010]. Inoltre, essa comprende quelle rappresentazioni, pratiche ed esperienze attraverso cui i diversi gruppi attribuiscono valori agli spazi, ma anche quei progetti mediante cui le persone definiscono, abitano e trasformano lo spazio stesso. Sempre l’autore ci mostra molto bene come proprio lo spazio venga prodotto socialmente dalle trasformazioni attuate dalle persone che lo abitano, attraverso interazioni sociali, pratiche e usi quotidiani, ma anche memorie e attribuzioni di significato. Infatti, tra le persone e il loro territorio si sviluppa una complessa relazione morale che passa attraverso l’influenza reciproca delle concezioni di sé e dello spazio. Così l’ambiente edificato e le strutture architettoniche entrano in una vita sociale che li trasforma in elementi dotati di agency, non solo recettori di quei significati di cui i gruppi li investono, ma veri e propri elementi in grado di produrre attivamente pratiche e significati stessi. In proposito Copertino dimostra, infatti, come spazi strutturati quali moschee, sale da preghiera e sedi di associazioni islamiche, ma anche più limitati oggetti spaziali quali cortili, bagni per le abluzioni, tappeti e altri strumenti rituali, costruiti dalle persone, a loro volta costruiscono le persone stesse e le loro relazioni significanti.
Attraverso una prospettiva transnazionale che studia attentamente come le culture transnazionali possano dar luogo a comunità che condividono specifiche idee [Appadurai 2012], Copertino spiega, poi, in che modo i migranti musulmani protagonisti del suo studio sviluppino forme di identità interstiziali che non partecipano pienamente né dei contesti socioculturali e politico-istituzionali dei Paesi d’origine, né di quelli dei Paesi di approdo non musulmani e maggioritari. Infatti i migranti musulmani in Europa, come i protagonisti della sua etnografia nella città di Bari, ricollocati quali gruppi minoritari nei nuovi contesti rispetto a quelli di origine, sviluppano forme di identità collettiva in relazione a diverse località. Come ancora Copertino evidenzia in modo puntuale, i migranti musulmani di Bari, infatti, non sono inseriti solo negli Stati-nazione di partenza e arrivo, ma anche nei campi sociali transnazionali che di fatto animano con la costituzione di comunità e associazioni locali, forme di raggruppamenti della ummah transnazionale. In tali spazi sociali transnazionali le stesse organizzazioni emergono come soggetti politici collettivi, in grado di presentarsi nello spazio pubblico con le proprie rivendicazioni e modalità di azione e resistenza, capaci di dialogare con le istituzioni locali in merito a questioni come quelle delle ritualità pubbliche quali forme di autorappresentazione.
In questo modo, nel suo studio, Copertino si sofferma più ampiamente sulle consapevoli dinamiche territoriali di nuova territorializzazione e di riterritorializzazione attivate dai migranti musulmani nel contesto specifico e localizzato della città di Bari, secondo le classiche procedure etnografiche della costruzione del campo, ma in relazione a contesti molto più ampi, nazionali e transnazionali, reali e immaginari, che includono l’Italia e l’Occidente e chiaramente il mondo islamico. Viene così mostrato come anche in contesti migratori e transnazionali, territori, spazi e località continuino a rivestire ruoli fondamentali nella vita dei gruppi umani, anche se questi sono in movimento o sono dislocati. La dimensione transnazionale dell’esperienza collettiva dei migranti musulmani emerge ancora una volta nel loro senso di appartenenza alla ummah, esplicandosi, per esempio, attraverso le interrelazioni con persone di diverse provenienze, l’approfondimento dello studio della lingua araba classica quale trait d’union comune, l’adozione di modelli di consumo adeguati alla ritualità islamica come quelli halal e così via. Accanto a questo aspetto transnazionale l’autore fa anche notare, però, che i musulmani di Bari da lui studiati mettono al contempo in atto pratiche di appaesamento [Teti 2014], che iscrivono queste stesse dinamiche universali all’interno delle località specifiche in cui si trovano a vivere.
In definitiva con questo suo lavoro Copertino ci offre un interessante esempio di comprensione antropologica della complessità delle dinamiche socioculturali legate al rapporto tra identità e spazio nel caso di comunità transnazionali di migranti musulmani in una specifica località, a partire dallo studio etnografico del loro coinvolgimento attivo nei propri spazi sociali, dove questi ultimi, dotati di una loro reale agency, sono intesi come complessi di forme, pratiche e rappresentazioni, la cui componente materiale rende possibili azioni e relazioni e consente quindi, concretamente, di fare e agire.
Interessanti sono poi una serie di questioni metodologiche che Copertino segnala in merito a complessi processi nella pratica della ricerca antropologica [Piasere 2002] come l’osservazione e la partecipazione nei contesti studiati, con specifico riferimento ai rituali indagati, così come la problematica del posizionamento etnografico nello spazio sacro musulmano, quella dei limiti dell’osservazione partecipante di rituali islamici (quando non si è musulmano), ma anche l’utile ruolo, durante un’etnografia, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione [Mangiameli, Zito 2021; Zito 2021], cui ha fatto parzialmente ricorso durante il lockdown e la riduzione della vita sociale nelle varie fasi della pandemia di Covid-19 per far fronte alla conseguente sospensione della frequentazione dei luoghi di culto osservati.
In sintesi questo interessante volume, corredato anche di diverse fotografie utili a ricostruire concretamente persone, relazioni, luoghi e contesti studiati, dopo un primo capitolo introduttivo su antropologia e studio socioculturale dei territori transnazionali, che tocca anche importanti questioni di metodo, alcune delle quali appena accennate, restituendo così la sedimentata esperienza di ricerca dell’autore, si snoda in altri sette capitoli che affrontano temi che vanno, come si è visto nelle riflessioni prima esposte, dalla produzione sociale dello spazio e dell’home-making alle dinamiche di territorialità e nuova territorializzazione, da adattamenti territoriali e territorializzazioni nella ummah transnazionale a riterritorializzazioni, fino a riflessioni conclusive su Bari e su future ulteriori possibili territorializzazioni.
Infine, a proposito di identità islamiche, interazioni, relazioni, luoghi e territori, la sfida dell’etnografia [Piasere 2002], tra immersione nel campo e incontro con l’altro, traspare chiaramente e complessivamente dal testo di Copertino che riesce a farvi fronte in modo pieno e creativo, pur nelle difficoltà metodologiche e specifiche dei contesti indagati, per restituirci uno sguardo vivo e ampio su una comunità di musulmani di varia provenienza ed età, e sul loro complesso e articolato legame con una serie di oggetti spaziali in una città del Sud Italia come Bari.
Bibliografia
Appadurai A. 2012, Modernità in polvere, Milano: Raffaello Cortina Editore.
Copertino D. 2010, Cantieri dell’immaginazione. Vita sociale e forme dello spazio in Medio Oriente, Roma: CISU.
Copertino D. 2021, Antropologia politica dell’Islam. Islam pubblico in Tunisia e nel Medio Oriente, Nuova edizione riveduta e corretta, Bari: Edizioni di Pagina.
Mangiameli G., Zito E. 2021, Antropologia culturale, social media, rete. Qualche riflessione preliminare, «EtnoAntropologia», 9 (2): 11-16.
Piasere L. 2002, L’etnografo imperfetto. Esperienza e cognizione in antropologia, Roma-Bari: Laterza.
Teti V. 2014, Pietre di pane. Un’antropologia del restare, Macerata: Quodlibet.
Zito E. 2021, «Mi fai fare un giro con la webcam?». Storie di malattia da un’etnografia digitale in Marocco, «EtnoAntropologia», 9 (2): 91-113.