Editoriale n. 2 - 2024
Alberto Baldi
Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II
Eugenio Zito
Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II
Il numero 2 del 2024 di EtnoAntropologia, di cui di seguito si riportano delle note introduttive ai contributi pubblicati, ospita una sezione monografica intitolata “I margini d’Italia, un altro futuro” a cura di Laura Bonato e composta di sei saggi preceduti da una breve presentazione della curatrice.
A questa parte monografica si affiancano un articolo di ricerca collocato nella sezione Miscellanea, un contributo di ricerca-azione partecipata che anima la sezione Materiali e infine tre Recensioni di volumi recenti.
I margini d’Italia, un altro futuro
Nella breve introduzione dal titolo “I margini d’Italia, un altro futuro: tra progettazione partecipata e rigenerazione culturale” la curatrice chiarisce che i contributi che compongono la sezione monografica costituiscono il parziale esito dei percorsi di ricerca avviati nell’ambito del progetto PRIN 2020 “Abitare i margini, oggi. Etnografie di paesi in Italia”. Tale progetto coinvolge cinque università ed è teso a documentare strategie innovative e di avanguardia dell’abitare prodotte in luoghi marginali dell’Italia, considerati spazi dove esplorare il presente ma anche possibili scenari futuri.
Nel contributo intitolato Oltre i margini: comunità, risorse, prospettive Laura Bonato, Damiano Cortese e Roberta Clara Zanini, a partire dall’osservazione etnografica che l’Unità di Ricerca dell’Università di Torino ha realizzando su quattro località delle Alpi piemontesi, analizzano la presenza di una progettualità comunitaria e di una consapevolezza dei significati culturali e sociali delle proprie azioni in un’ottica di produzione di senso e cultura. Viene così mostrato come, sebbene queste aree interne e marginali siano ancora caratterizzate da forme di spopolamento, si possano comunque generare nuove pratiche per una crescita più equilibrata e sostenibile. Si tratta di un significativo “potenziale di crescita”, ancora pienamente da scoprire, attraverso elementi strategici correlati quali ambiente, cultura, agricoltura, energie rinnovabili e turismo, al fine di consentire un adeguato sviluppo economico delle comunità locali, salvaguardando i paesaggi agro-culturali e il patrimonio storico-artistico.
Daniele Parbuono ed Elisa Rondini, nel saggio dal titolo La forza degli oggetti ricomposti. Usare e riusare per una diversa estetica del quotidiano, raccontano l’incontro, avvenuto nell’ambito delle attività della loro Unità di Ricerca, con Elio che vive a Paciano (Perugia), in una casa colonica circondata di oggetti prodotto della sua creatività. Gli autori analizzano le strategie abitative da lui messe in atto, definite a partire dall’uso di strumenti e materiali eterogenei, raccolti in circostanze contingenti e adattati alle esigenze contestuali. Come il bricoleur di Lévi-Strauss, Elio unisce capacità, competenze e risorse disponibili quali per esempio oggetti non più in uso, configurando un universo strumentale nell’adattamento costante del suo spazio abitativo in base a estetiche extra-ordinarie e in continua evoluzione. Elio non compra e non vende, ma recupera e costruisce, dando nuove traiettorie alle cose ricomposte e nuovo senso alle sue pratiche familiari, sociali, lavorative ed esistenziali.
Nel contributo intitolato Paesaggi di coesistenza, ovvero come attorno ad un passeriforme si articola l’abitare in una zona di montagna, Lia Zola, a partire da ricerche di campo condotte in contesti alpini come la Val Susa, la Val Chisone e la Val Troncea, cerca di ampliare criticamente la comprensione del concetto di “paesaggio di coesistenza”, espressione utilizzata nel 2019 da un team di zoologi in riferimento alla convivenza sostenibile tra leoni ed esseri umani in tre parchi naturali africani. Con la sua ricerca Zola pone così in evidenza che i “paesaggi di coesistenza” sono siti complessi in cui si intrecciano relazioni entro cui gli esseri umani e anche i non umani li modellano e li co-modellano attraverso complesse interazioni, ma anche attriti e conflitti che, nel caso specifico da lei considerato in contesto alpino, ruotano attorno a un piccolo uccello di nome Petronia petronia.
Nel saggio dal titolo Pionieri in paradiso. Processi di ridefinizione dell’abitare tra neoruralismo e gentrificazione rurale in una comunità di paese della Toscana meridionale Simonetta Grilli e Fabio Mugnaini riflettono invece sui processi di ridefinizione delle forme dell’abitare a Trequanda (Siena), una comunità rurale che ha vissuto un parziale ripopolamento a partire dagli anni Settanta del Novecento con l’arrivo di persone provenienti da contesti socio-culturali e geografici diversi. Questi ultimi incarnano i valori del cosiddetto “neoruralismo”, condividendo il desiderio di vivere il territorio non come turisti, ma come veri e propri abitanti, impegnandosi nelle reti sociali locali e partecipando alla vita politica ed economica in stretta interazione con la gente del posto. Le storie di questi “proto-gentrificatori” anticipano l’arrivo di un gruppo elitario composto da personaggi politici, dello spettacolo e della finanza che, a partire dalla fine degli anni Novanta, ha poi investito grandi capitali per trasformare edifici rurali in dimore di lusso, avviando così un radicale processo di gentrificazione dell’area.
Alessandra Broccolini, nel contributo intitolato Festa, spazio, territorio. Risonanze territoriali e immaginazione dell’abitare in una festa “paradigmatica”, si interroga su quale sia la relazione tra i fenomeni festivi e i processi contemporanei di costruzione della località e sul modo in cui i fenomeni festivi stessi ci parlino oggi dei territori ai quali appartengono e definiscano le forme dell’abitare. Per rispondere a tali quesiti il saggio esplora il nesso festa-territorio-abitare attraverso l’analisi spaziale di uno specifico caso etnografico, la festa della Madonna del Monte di Marta a Viterbo (Lazio), allargando lo sguardo dallo spazio abitato del paese-città, dove la festa si produce nei suoi momenti cerimoniali, all’intero territorio che la festa ricomprende e contribuisce a definire, sia nella costruzione di un “senso dei luoghi” che nell’agire pratico e nell’esperienza degli stessi.
Nel saggio dal titolo How and why to study mountains: topics and types of research between limits and opportunities che chiude la sezione monografica Laura Bonato si interroga infine su come e perché studiare i contesti di montagna, discutendo di temi e tipologie di ricerca, tra limiti e opportunità. Chiarisce subito che la pratica sul campo in un contesto etnografico limitrofo culturalmente e geograficamente a quello di cui il ricercatore è parte comporta difficoltà, problemi epistemologici e pratici diversi da quelli affrontati dall’antropologia classica. Sulla base dell’esperienza maturata in tre diversi progetti che hanno interessato l’arco alpino occidentale nell’ultimo decennio, viene in questo testo evidenziato il fatto che in alcuni contesti è opportuno prediligere ricerche antropologiche “periferiche”, meno localizzate e basate su soggiorni più brevi. L’autrice avverte che le ricerche condotte sulle Alpi piemontesi presentate nel monografico, pur nelle loro differenze in termini di presupposti e ambiti concreti di indagine, mettono in luce di fatto i filoni tematici predominanti attraverso cui la montagna viene studiata in quest’area.
Paolo Gaibazzi, nel contributo intitolato Viabilità relazionale: una prospettiva im/mobile delle relazioni nel Gambia transnazionale, partendo dalla considerazione che gli antropologi hanno studiato a lungo come la mobilità e l’immobilità modellino le relazioni sociali, analizza invece la parentela stessa come una forma di im/mobilità. Le sue riflessioni derivano da un’attività di ricerca etnografica svolta in varie fasi, tra il 2006 e il 2022, con i parlanti Soninke in Gambia e nella diaspora, i quali esprimono la loro relazione con gli altri attraverso immagini di ciò che potrebbe essere caratterizzato come “viabilità”. La metafora concettuale della “viabilità” serve ad analizzare tre aspetti dell’im/mobilità relazionale. In primo luogo, la “viabilità” allude agli aspetti infrastrutturali, come quando i parlanti Soninke immaginano la parentela come una strada o una rete di strade che collegano e incanalano i parenti a livello transgenerazionale. In secondo luogo, tali percorsi relazionali sono più o meno praticabili, socialmente, affettivamente ed economicamente, a seconda che le persone imparentate viaggino collettivamente o in modo sparso, più vicine o lontane le une alle altre. In terzo luogo, la “viabilità” racchiude l’aspetto esistenziale della relazione, poiché i parlanti Soninke percepiscono anche gli altri come persone che entrano, abitano e escono dalla propria vita.
Glauco Barboglio, nel saggio dal titolo Diventare “mappe vive”. Patrimonio istituzionale e patrimonio condiviso in Val Cavallina (BG), discute su di un’interessante materiale relativo a un processo di mappatura partecipativa nell’ambito di una ricerca-azione svolta tra novembre 2021 e agosto 2023 a Casazza (Bergamo). Tale ricerca è stata avviata per rivitalizzare il Museo Storico-Ambientale in difficoltà, stimolando il dibattito sull’identità locale. Nel suo lavoro Barboglio sottolinea il valore strategico di modelli partecipativi nel dare forma al “patrimonio condiviso” in contrapposizione al “patrimonio istituzionale”, mostrando come il Museo locale adotti tali approcci. Infine esplora il ruolo degli antropologi nei contesti locali, sottolineando l’impatto dei metodi antropologici sulle comunità, soprattutto lì dove l’antropologia non è ben conosciuta, stimolando anche alcune utili riflessioni metodologiche sull’“etnografia nativa” e il fare antropologia “sotto casa”.
La prima recensione, di Mariaelena De Stefano, riguarda il volume di Gabrielle Hecht dal titolo Residual Governance: How South Africa Foretells Planetary Futures, edito nel 2023 da Duke University Press (Durham, NC). Gauteng, una piccola regione nel Nordest del Sudafrica, circondata da alture che contornano la barriera aurifera, è lo sfondo geologico, ecologico e umano della complessa ricerca svolta da Hecht. Come De Stefano mostra, l’autrice del volume, storica e antropologa, oggi docente all’Università di Stanford, guida il lettore con sapiente maestria in un viaggio feroce, dal ritmo serrato, alla scoperta degli scarti e dei rifiuti di un’economia estrattivista incosciente, perseguita al fine di depredare il territorio delle sue risorse, lasciando in cambio pericolosi vuoti. Per Hecht, l’estrazione mineraria in Sudafrica è infatti un esempio di governance residuale – da cui il titolo del libro –, un raffinato strumento a servizio del moderno capitalismo razziale, e dell’antropocene, di cui è un detonatore, al punto da poter influire pesantemente, nella sua ipotesi, sul fututo complessivo del pianeta.
La seconda recensione, scritta da Eugenio Zito, riguarda il volume di Domenico Copertino, dal titolo Rituali, migrazioni, territorialità. L’Islam e i musulmani a Bari, oggi edito nel 2023 da Edizioni di Pagina (Bari). Nel testo l’autore mostra come le pratiche rituali dei musulmani di Bari, in prevalenza migranti internazionali, attivino specifiche dinamiche territoriali che prendono forma negli spazi materiali e sociali dedicati al sacro come moschee e sale di preghiera, ma anche in percorsi urbani sacralizzati, ed ovviamente nelle attività che in tali luoghi vengono svolte. La territorialità di gruppi e associazioni islamiche si esprime in pratiche di coinvolgimento attivo delle persone nel proprio spazio, dall’edificio usato come luogo di culto al quartiere più ampio che ospita le moschee, dalla città in cui si vive allo Stato che regola l’azione pubblica, dalle comunità locali fino alla ummah, la grande comunità internazionale di tutti i musulmani. In questo modo, attraverso diverse pratiche rituali, i musulmani residenti in una città del Sud Italia come Bari danno concretamente forma a processi di territorializzazione all’interno di spazi che un tempo erano a loro estranei.
Anche la terza recensione, che riguarda il volume di Adriana Petryna dal titolo Lavoro d’orizzonte. Ai confini della conoscenza nel vortice del cambiamento climatico, traduzione dell’originale testo del 2022, edito nel 2024 da DeriveApprodi (Bologna), è stata elaborata da Eugenio Zito. In questo lavoro ci si sofferma sul concetto di cambiamento ecologico improvviso che non sempre corrisponde a modalità consolidate di conoscere e prevedere eventi in rapida evoluzione come tempeste, siccità e incendi. Questi ultimi sempre più eccedono la norma per frequenza e diffusione, al punto che proiezioni e politiche vacillano rispetto al ritmo di tali cambiamenti, relativamente ai quali i tradizionali modelli di conoscenza risultano inadeguati. A partire da ciò l’autrice si interroga, quindi, su come si possa affrontare una tale perdita di orizzonte, definendo la consapevolezza di aprire delle possibilità in merito con l’espressione horizonting, cioè fare lavoro d’orizzonte e mostrando come questo lavoro possa essere utilmente applicato nell’ambito di catastrofi sempre più gravi e difficili da gestire. Le riflessioni di Petryna su eventi come in particolare gli incendi boschivi intrecciano osservazioni critiche su intuizioni scientifiche con esperienze etnografiche svolte nella parte occidentale degli Stati Uniti d’America.