Caro Luigi

caro Maestro

Gianfranca Ranisio

Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II

Scrivere in memoria di Luigi, nonostante l’emozione che suscita, è un modo non solo di rendere omaggio al grande amico e maestro ma anche di mantenere ancora un legame con lui nel presente della sua assenza. Si tratta di un breve contributo, che rappresenta un’occasione per ricordarne l’ampia produzione scientifica, la complessità del pensiero, la vastità degli interessi, il ruolo molto attivo da Lui svolto a livello istituzionale nel promuovere le discipline antropologiche, sia con iniziative culturali che editoriali (collane scientifiche, riviste, numeri monografici di riviste, ecc.), intrecciando legami tra l’antropologia e le altre discipline. Riprendere alcune fila di un discorso interrotto è perciò particolarmente rilevante in questa sede, su questa rivista, che è stata la rivista ufficiale dell’Aisea, l’Associazione Italiana delle Scienze Etno-Antropologiche, - che Luigi ha contribuito a fondare e di cui è stato più volte Presidente- ed è ora la Rivista della Siac, Società Italiana di Antropologia Culturale, nata dalla confluenza delle Associazioni precedenti Aisea e Anuac, alla quale Luigi non ha mancato di fornire il suo apporto di riflessioni e di esperienze.

In questa sede, pertanto, soffermarsi su tematiche, filoni di ricerca da lui portati avanti significa riannodare fili di un dialogo che si è protratto negli anni, nella consapevolezza che non si può interrompere con la morte, perché, seguendo il suo insegnamento, tra i vivi e i morti permane un dialogo e un rapporto continuo.

Nel corso della sua lunga e complessa produzione scientifica, molte sono le piste di ricerca da lui percorse, a volte anche solo indicate generosamente perché i suoi allievi le seguissero. Tra queste vi sono alcuni filoni di ricerca che acquistano un rilievo particolare, come il tema del sangue declinato su più settori. Il sangue appare, come sottolinea egli stesso, «il filo rosso che lega settori, istituti, tratti culturali, forme specifiche, dimensioni eterogenee» [Boggio, Lombardi Satriani 2006, 150]. Non vi è società in cui i fluidi corporei non siano stati fatti oggetto di attenzione e di rappresentazione simbolica, come anche altri antropologi hanno sottolineato, tra cui in particolare, Héritier [1997; 2004].

Nelle sue ricerche è più volte ribadita la centralità del sangue e questo tema si intreccia in modo particolare con le ricerche sull’orizzonte magico, sulla religione popolare e i suoi rituali, sui rapporti interpersonali e sul diritto, nello specifico sull’ideologia della vendetta [Lombardi Satriani, Meligrana [1995; 1996].

Del sangue Luigi ha ampiamente problematizzato in modo articolato l’ambivalenza, in quanto il sangue principium vitae e principium mortis è legato per la sua stessa essenza al mistero della vita:

Del sangue può essere predicata ogni cosa e il suo contrario. L’ambivalenza sembra essere, quindi, la sua principale caratterizzazione. In quanto radicalmente ambivalente, ogni opposizione può costituire una sua connotazione. La prima opposizione predicabile è vita-morte. Il sangue è, quindi, principium vitae e principium mortis.[ …] La criticità del linguaggio del sangue può essere cifra della misteriosità della vita, della sua insondabilità ai livelli più profondi [Lombardi Satriani 2000, 23].

Egli sottolinea più volte che il sangue, elemento costitutivo dell’essere umano, maschio o femmina, è in quanto tale oggetto di rappresentazioni simboliche presso tutte le culture nella sua duplice e antitetica collocazione in quanto in rapporto con la vita, ma anche in rapporto con la morte. Il tema del sangue introduce a un discorso sul potere, che, come sottolinea Lombardi Satriani, è per sua stessa essenza caratterizzato da una forte ambivalenza sul piano del discorso simbolico, in particolare per quanto riguarda la condizione delle donne.

Sappiamo come il sangue e la donna siano realtà culturali strettamente connesse e che il linguaggio femminile del sangue ha sillabato sul piano simbolico un discorso di potere che, nell’ambito della storia realistica, era duramente negato [Lombardi Satriani 2000, 89-90].

Per questo le riflessioni di Luigi si focalizzano sull’emarginazione alla quale in molte culture sono soggette le donne e sulle credenze e i tabù che circondano le donne nelle culture popolari, in particolare durante le mestruazioni. La donna mestruata è, infatti, soggetta sia alla segregazione in spazi determinati, sia all’interdizione da alcuni ambiti e da alcune attività. A tale proposito, egli scrive: «Proprio per questo misterioso alternarsi del sangue, le donne, nella cultura folklorica, sono ritenute portatrici di indefinito potere e suscitano soggezione e spavento» [2006, 160].

Ricordo queste osservazioni presenti nei suoi scritti, unitamente ai consigli e agli incoraggiamenti che Luigi mi ha fornito, quando iniziai la ricerca, poi confluita nel testo: Quando le donne hanno la luna [2006], perché sono stati determinanti nel mio percorso. Il mio lavoro verteva sulle elaborazioni culturali che sono state costruite intorno alle fasi biologiche che contraddistinguono la vita femminile e leggendo suoi scritti ritrovavo in essi stimoli e piste da seguire, in particolare in De sanguine, ma anche altrove.

Sul sangue e sui fluidi corporei Luigi si è soffermato anche a proposito dell’Aids, malattia che si trasmette attraverso il sangue, lo sperma, le secrezioni vaginali e il latte materno ed è quindi collegata alla sessualità, rilevando che l’accentuazione della malattia, come sessualmente trasmissibile, ha riproposto nuovi e antichi scenari nell’immaginario collettivo. A tale riguardo egli sottolinea che dell’opposizione vita-morte la sessualità è intrisa, in quanto esperienza che può trasmettere la vita ma che può anche contenere la morte. Pertanto, cercando di decodificare i linguaggi del corpo e quelli del silenzio che circondavano i malati di Aids nella società italiana degli anni Novanta, riflette sulle specificità di questa malattia che non solo segna profondamente la vita del malato, ma investe anche il suo rapporto con la corporeità e la sessualità. Analizzando la percezione e le rappresentazioni del virus egli sottolinea l’importanza sul piano simbolico che continua ad avere il sangue nell’immaginario [1995].

Particolarmente rilevanti sono le opere che analizzano la presenza del sangue nell’orizzonte religioso, nelle quali Luigi propone riflessioni che collegano strettamente il sangue al sacrificio e, attraverso di esso, alla sfera del sacro e del mistero.

Infatti egli rileva:

Vorrei ribadire che il sangue costituisce un elemento centrale nelle culture; sia nelle culture europee che in quelle extraeuropee sono presenti rituali che rinviano al tema del sacrificio come elemento fondante attraverso uno spargimento di sangue realistico o spiritualizzato, versato idealmente o ricordato attraverso, quindi, la ripresentificazione di un sacrificio originario; ogni volta che qualcosa deve ricevere saldezza, deve avere vita sempiterna avviene uno spargimento di sangue [2006, 129].

Il sangue, infatti, costituisce una traccia potente, che egli ha seguito nelle sue varie forme, dal grande rituale collettivo di Guardia Sanframondi, alle vicende di Natuzza Evolo, sino al più recente studio sul culto di San Gennaro, È interessante rilevare come in tutti e tre i casi sia presente il tema del sacrificio e Luigi abbia sentito l’importanza di documentare questi episodi affiancando la ricerca antropologica alla produzione di materiali audiovisivi.

Ricordo come già nel 1975 avesse coordinato la ricerca sui Riti settennali di penitenza in onore della Madonna Assunta a Guardia Sanframondi, riti che iniziano il lunedì successivo al 15 agosto e si protraggono per tutta la settimana raggiungendo il loro culmine nella grande processione della domenica, durante la quale i Battenti si percuotono il petto con la spugna, un pezzo di sughero da cui fuoriescono numerose punte di spilli, percorrendo le vie del paese tra l’odore acre del sangue e del vino, che viene versato sulle spugne.

Dell’équipe di ricerca, facevo parte assieme a Lello Mazzacane e a una troupe della RAI, venuta lì per registrare un documentario [Lombardi Satriani (direzione scientifica) 1974-1975].

Nel periodo di soggiorno sul campo, durante le riunioni di lavoro Luigi ci invitava a seguire le tracce del sangue nelle varie fasi del rituale ancora prima della flagellazione dei Battenti. Infatti riteneva importante analizzare il Mistero dei Battenti all’interno di un quadro complesso, dalle valenze profonde, entro il quale questo rituale si connota non solo come esperienza individuale, ma soprattutto come pratica identitaria di rafforzamento dell’appartenenza comunitaria e di riaffermazione della propria autonomia. Attraverso il linguaggio supplice del sangue offerto in sacrificio, lo spargimento rituale acquisisce valore fondativo per la comunità e i Battenti divengono il tramite con il quale e attraverso il quale la comunità espia le proprie colpe, i propri peccati, veri o presunti, attuali e originari.

Luigi successivamente notava:

Il rituale dei battenti, in quanto spargimento del proprio sangue, è assunzione della morte, ma di una morte delimitata e controllata che, nel quadro protettivo del rituale, può essere negata perché sia di nuovo la vita, una vita rigenerata, potenziata, protetta [Lombardi Satriani 2000].

e ancora sottolineava che il sangue è stato per molto tempo un elemento importante nei meccanismi del potere, nelle sue manifestazioni e nei suoi rituali e quindi, se il sangue si è posto storicamente come linguaggio del potere, è comprensibile che nell’orizzonte folklorico meridionale il sangue si sia articolato come linguaggio rivolto al potere, tentativo di dispiegarsi nella dimensione supplice, come garanzia di ottenimento della protezione richiesta.

Come dimostrano i Battenti di Guardia, attraverso il dolore, la sofferenza, si può entrare in contatto diretto con Dio, instaurando un rapporto privilegiato con la Madonna. Anche la vicenda di Natuzza Evolo, la Veggente contadina di Paravati, da Luigi seguita negli anni, dimostra come attraverso il sangue si esprima una modalità di rapporto con il divino. Sulla figura di Natuzza Luigi, assieme a Maricla Boggio, ha condotto per più anni la ricerca, che ha avuto poi esito in un libro e in un documentario RAI. Gli Autori sottolineano nel testo l’importanza della documentazione visiva, pur con i condizionamenti che impone:

Utilizzare anche l’aspetto visivo richiedeva, infatti, un’attenzione alla capacità espressiva delle immagini atte a esemplificare adeguatamente il discorso. Eravamo consapevoli che il mezzo espressivo prescelto doveva rispettare una limitazione temporale, ma poteva invece contare sulla forza comunicativa delle immagini e dei suoni [Lombardi Satriani 2006, 8].

Natuzza Evolo durante la sua vita è stata protagonista di vari fenomeni paranormali, come l’emografia, la levitazione, la trance. A lei si sono affidate persone bisognose di cure e richiedenti aiuto, per tutti coloro che si recavano da lei aveva parole di conforto e di amore contribuendo a lenire il dolore dimostrando «compartecipazione attiva e intensa» alla loro sofferenza. L’amore appare la nota predominante dei suoi messaggi, l’amore per Dio e per il prossimo, per questo Luigi considera Natuzza un modello esemplare per il modo in cui si pone accettando la propria sofferenza per amare concretamente l’altro. Natuzza attraverso il dolore e la sofferenza provocate sul suo corpo dalle stimmate e dal rivivere la Passione di Cristo, diviene una figura tramite con il divino, infatti sul suo corpo sono scritti i segni di un linguaggio sacro, che si esprime attraverso il sangue.

Dal martirio e dal sangue versato da San Gennaro e poi, secondo la tradizione, raccolto da una pia donna, al momento della decapitazione e deposto in un’ampolla, ha origine il prodigio della liquefazione. Lo spargimento di sangue sul modello di Cristo caratterizza i martiri, nel caso di San Gennaro, il sangue che si liquefa e si coagula, comportandosi come un organismo vitale, acquista un forte valore simbolico, segnando il rapporto che unisce la città al suo patrono. Il culto di San Gennaro e il suo miracolo suscitano l’interesse scientifico di Luigi già negli anni napoletani del suo insegnamento alla Federico II, come è più volte ribadito nei suoi scritti, ma diventano oggetto di ricerca nel 2013-14, quando, assieme a Maricla Boggio ne analizza i rituali. Nel testo, con documentario allegato, pubblicato nel 2014, il tema del sangue e delle sue valenze simboliche è strettamente intrecciato con quello dell’identità napoletana. Anche in questo caso documentario e testo scritto sono tra loro complementari e si sovrappongono.

Napoli è una città che nel suo centro antico conserva un numeroso repertorio di reliquie di sangue prodigiose ed oggetto di culto, di alcune si sono perdute le tracce, di altre si è affievolita la memoria [Alfano, Amitrano 1950,1951]. Non è il caso della teca con il sangue di Santa Patrizia, compatrona di Napoli, anch’esso soggetto a liquefazione con cadenza regolare e oggetto di un culto, anch’esso documentato nella ricerca, tuttavia il prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro, in date stabilite è il più noto e importante per la città ed è stato anche sottoposto a prove di verifica scientifica [Alfano, Amitrano 1961].

A differenza di Guardia in cui è il sangue dei Battenti a creare una forte identità comunitaria, nel caso di Napoli è il sangue di San Gennaro a rinsaldare i legami tra il patrono e la città, nelle sue varie componenti sociali. Infatti, il legame anche fisico del santo con Napoli viene sancito attraverso la presenza di quelle che vengono definite, secondo la tradizione, “parenti”, che si rivolgono al santo in modo confidenziale a stabilire un senso di continuità e appartenenza. Luigi riporta le forme di espressività popolare, che sono rilevabili nelle varie fasi del rito, ma le considera all’interno di un contesto più ampio che coinvolge le gerarchie ecclesiastiche e politiche della città, non solo gli strati popolari.

Egli descrive etnograficamente le fasi più significative del rituale che si ripete da secoli, in tre date il 19 settembre, giorno del martirio, il primo sabato di maggio e il 16 dicembre, a ricordo del miracolo compiuto dal santo in occasione dell’eruzione del Vesuvio del 1631, sottolineando anche la teatralizzazione della messa in scena del culto e le differenze del rituale nelle tre occasioni di celebrazione.

Questo testo rappresenta la continuazione ideale di un percorso significativo, che ha accompagnato la prospettiva scientifica e di ricerca dello studioso, che trova nel sangue collegato alla dimensione del sacrificio e del sacro il suo fulcro. Rispetto a queste situazioni che chiamano in causa il trascendente e l’inspiegabile ritiene importante ricorrere alle immagini, a cui attribuisce una forte efficacia comunicativa.

Infatti il documentario collegato è chiamato a dimostrare come, attraverso il linguaggio del sangue, l’indicibile e non verificabile divenga tangibile e si materializzi e, attraverso il trascendente che diventa visibile, si realizzi anche il bisogno di concretezza proprio della religione popolare.

Di fronte al prodigio della liquefazione, ritiene sia importante accettarlo come «un evento inspiegabile, a partire dal quale un numero cospicuo di persone […] si accosta a una dimensione di fede» [2014, 143], esprimendo così un atteggiamento analogo a quello che aveva dimostrato di fronte agli altri casi documentati nel corso della sua lunga attività scientifica. In modo chiaro nel testo su Natuzza prende posizioni precise nel ritenere che compito dello studioso non sia quello di rilasciare giudizi o etichette, affermando :«Siamo chiamati a tentare di testimoniare della realtà che indaghiamo, tentando di fornire alcuni strumenti per renderla percorribile secondo alcuni itinerari conoscitivi» [2006, 146].

Le indicazioni, gli insegnamenti lasciatici da Luigi sollecitano a porsi domande, a non dare niente per scontato, a rifiutare gli schematismi, o lo scientismo laicista [2006, 112-113] ponendosi con rispetto di fronte al mistero del sacro, di cui il sangue è una traccia, perché «l’esperienza del sacro conosce la drammaticità della domanda non solo la chiarezza delle risposte» [2006, 115].

Bibliografia

Alfano G., Amitrano A. 1950, Il miracolo di San Gennaro: documentazione storica e scientifica, Napoli, Scarpati.

-- 1951, Notizie storiche e osservazioni sulle reliquie di santi conservate in Italia e particolarmente in Napoli, Napoli, Arti Grafiche Adriana.

-- 1961, Il miracolo di S. Gennaro. Prove storiche e scientifiche, Napoli. (3. painos).

Héritier F. 1997, Maschile e femminile1.Il pensiero della differenza, Roma-Bari, Laterza.

-- 2004, Maschile e femminile 2. Dissolvere la gerarchia, Milano, Raffaello Cortina.

Lombardi Satriani L.M. (direzione scientifica) 1974-1975, L’anno dell’Assunta. Un’inchiesta audiovisiva in 5 puntate, regia televisiva di Giorgio Turi, Napoli: Rai-Centro per lo studio delle Tradizioni Popolari-CNR.

Lombardi Satriani L.M. 2000, De sanguine, Roma, Meltemi.

Lombardi Satriani L.M., Boggio M. 2006, Natuzza Evolo. Il dolore e la parola, Roma, Armando.

Lombardi Satriani L.M., Boggio M. 2014, San Gennaro. Viaggio nell’identità napoletana, Roma, Armando.

Lombardi Satriani L. M., Meligrana M. 1995, Diritto egemone e diritto popolare: la Calabria negli studi di demologia giuridica, Milano, Qualecultura.

Lombardi Satriani L. M., Meligrana M. 1996, Il ponte di San Giacomo. L’ ideologia della morte nella cultura contadina del Sud, Palermo, Sellerio (1° ediz. Milano, Rizzoli, 1982).

Ranisio G. 2006, Quando le donne hanno la luna. Credenze e tabù, Milano, Baldini Castoldi Dalai.