Genere, generazioni e Islam in Italia

Eugenio Zito

Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II

Indice

Bibliografia

Recensione a Fiorella Giacalone, Tra hijab e pratiche sociali. Generazioni di donne musulmane in Italia, FrancoAngeli, Milano 2021, pp. 1-157. ISBN: 9788835135210

Questo di Fiorella Giacalone, edito nel 2021 da FrancoAngeli (Milano) nella Collana di Antropologia culturale e sociale con double-blind-peer-review, è un volume interessante perché affronta, ripercorrendo ricerche svolte dall’autrice dall’inizio degli anni Duemila a oggi, alcune significative dinamiche relazionali e affettive relative a generazioni di donne musulmane in Italia, con particolare riferimento all’Italia Centrale e all’Umbria, ma non solo. In esso vengono più in dettaglio evidenziati e analizzati quei processi di cambiamento che le migrazioni attivano, sia nelle pratiche religiose che nell’identità di genere, creando nuove e inedite dimensioni del femminile nel passaggio tra prime e seconde generazioni.

In questo modo il volume, forte della lunga esperienza etnografica svolta nel tempo da Giacalone, si inserisce in modo originale, e con un contributo specifico riguardante l’Italia, all’interno di un ampio e complesso dibattito, quello relativo al dato che spesso le donne musulmane sono oggetto di discriminazione a più livelli. La parola hijab, presente nel titolo del libro, e così evocativa per l’oggetto specifico del “velo” cui rimanda, costituisce per molti la prova di una certa arretratezza dell’Islam [El Mansour 2019] e del modo in cui entro tale sistema culturale e religioso [Zito 2020] si collocano le donne [Aït Mous, Ksikes 2016; Ranisio 2018]. Il volume, rispetto a queste tematiche e al ricco dibattito che vi ruota intorno, affronta la questione del genere usando una più complessa ottica intersezionale, lavorando su sessismo e immigrazione, mostrando molto bene, nell’ambito di articolati percorsi etnografici, come religione, genere e razzismo determinino spesso forme di significativa esclusione sociale.

Nel testo l’autrice evidenzia in modo incisivo, corroborata dai dati etnografici della sua pluriennale attività di ricerca su tali questioni, quanto spesso l’identità religiosa si intrecci con lo stigma sociale legato al genere e alla richiesta di diritti. Inoltre, nonostante tante immigrate cerchino di liberarsi da una cultura patriarcale sostenuta da un Islam tradizionale, lottando contro diverse forme di discriminazione per una reale uguaglianza tra cittadini e cittadine, mettendo così in atto coraggiosi processi di riconoscimento e soggettivazione, paradossalmente una parte proprio del femminismo europeo conserva, invece, un’immagine piuttosto stereotipata delle donne musulmane. Tale visione rinvia a discorsi, significati e pratiche che tendono a essenzializzare lo status delle islamiche, svelando piuttosto la pretesa di una superiorità occidentale nell’ambito dei processi di emancipazione. Giacalone mostra con le sue traiettorie di ricerca come proprio negli ultimi venti anni sia invece cresciuta una seconda generazione che cerca di definire e articolare uno specifico Islam italiano, in parte svincolato dalle pratiche religiose locali della prima generazione e che al contempo riesce anche a contrastare quell’immagine spesso stereotipata e immobile di Islam, così come veicolata ancora dai media e spesso dominante nell’opinione pubblica.

Se è vero che esistono già diversi lavori sulle giovani musulmane di seconda generazione e sulla complessa relazione donne-Islam, il valore della ricerca che sostanzia le riflessioni presenti in questo volume si basa sul fatto che queste sono il prodotto di un’analisi di lungo periodo, specificamente svolta su generazioni di donne, nella relazione con figli e figlie, cui l’autrice esprime ampia gratitudine per la disponibilità mostrata e, perché attraverso il confronto con esse, ha potuto guardare in senso decostruttivo a nuovi spazi dell’Islam e a diverse declinazioni del femminile.

L’intersezione tra dinamiche religiose, a partire da un’analisi che riguarda differenze e specificità dell’Islam come religione totalizzante in relazione alle sue variabili socio-culturali, questioni di genere in rapporto alla misoginia di frequente attribuita a questa religione e seconde generazioni che rappresentano spesso il punto di rottura rispetto alla cultura dei genitori e alle tradizioni del Paese di origine, dà luogo alla trama a tre fili dell’analisi intersezionale proposta in questo volume. Giacalone si sofferma in particolare sul complesso intreccio tra l’identità religiosa delle giovani di seconda generazione, lo stigma sociale legato alle questioni di genere e la richiesta di nuovi diritti nei termini di una piena cittadinanza politica e sociale.

Sempre più, infatti, negli ultimi anni, nell’ambito dell’articolato dibattito sul tema, ha preso corpo un femminismo islamico che include una molteplicità di orientamenti di donne, osservanti e laiche, alcune delle quali tornano alle fonti scritte, per evidenziare in modo critico come la subordinazione femminile sia più ricollegabile alla tradizione, e dunque alla cultura, piuttosto che al testo coranico [Lamrabet 2007; Pepicelli 2010; Borrillo 2017]. Il tentativo è quello di procedere a una decostruzione dell’immagine stereotipata e oramai desueta con cui l’ordine discorsivo dominante produce spesso donne “velate” e dunque sottomesse, per superare quelle categorie reificate delle donne musulmane intese come insieme indistinto e informe.

L’incontro diretto della ricercatrice con tali donne, nel tempo, su più generazioni, durante la sua lunga etnografia, nel corso delle loro pratiche di autoaffermazione quotidiane, nelle loro attività sociali e politiche, restituisce, alla ricercatrice stessa e ai suoi lettori, il complesso e articolato quadro di differenze che caratterizzano, in particolare, le storie di giovani di seconda generazione, nate e cresciute in Italia.

Giacalone ha d’altro canto, nel tempo, svolto diverse ricerche prima sui riti della nascita e sulle cure materne con donne di prima generazione, tematiche di cui pure si dà conto in questo volume attraverso un confronto e una loro ripresa, poi con adolescenti nelle scuole e quindi con le giovani di Gioventù Musulmana Italiana sul piano delle seconde generazioni, da cui ha tratto complessivamente riflessioni che mettono in relazione generazioni di donne musulmane nei loro percorsi di adattamento e risemantizzazione di pratiche quale esito degli anni trascorsi in Italia. Viene così, per esempio, mostrata una forte differenziazione tra le pratiche delle madri rilevate durante le ricerche all’inizio degli anni Duemila e quelle di oggi.

Altro elemento di novità rispetto alla letteratura che tocca tali questioni è che l’autrice si focalizza prevalentemente, anche se non in modo esclusivo, a differenza delle altre ricerche che hanno indagato grossi contesi urbani come Roma, Milano, Torino e Bologna, su una città più piccola come Perugia e sull’Umbria, regione che pure ha avuto negli ultimi anni una significativa pressione migratoria, avendo nella comunità marocchina la terza come numero di presenze. L’arrivo di Marocchini a Perugia risale agli anni Novanta del secolo scorso, ma già nel 1971 a Perugia nasce il primo centro islamico d’Italia. Le giovani incontrate durante la ricerca sono in parte marocchine, ma anche tunisine, algerine, egiziane, giordane, palestinesi, arabo-israeliane.

Da un punto di vista metodologico, attraverso riflessioni sulla sua pratica etnografica, Giacalone ci ricorda la complessità in antropologia dell’osservazione e dell’ascolto come strumenti conoscitivi [Piasere 2002; Pennacini 2013], sottolineando quanto stabilire una relazione significhi instaurare un rapporto di fiducia, in modo che all’interrogazione e alla domanda segua una narrazione che possa poi diventare gradualmente storia di vita. Viene così evidenziato come fare ricerca significhi imparare innanzitutto ad ascoltare, rispettando le regole interne al gruppo, sapendo quando è opportuno continuare e quando è meglio fermarsi, quando tacere e quando narrare a propria volta. Inoltre, in questa ricerca, si mostra quanto studiosa e informatrici riescano a creare attraverso la relazione uno “spazio ibrido”, come sottolinea Giacalone stessa “di frontiera” più che “di confine”. Infatti è proprio la relazione ad attivare un luogo di ibridazione culturale, in cui c’è una sorta di sospensione più o meno consapevole delle reciproche alterità che si fanno luogo di relazione e incontro e quindi di riflessività condivisa.

L’autrice sottolinea in definitiva l’importanza di comprendere le trasformazioni dell’Islam in Occidente, attraverso il versante specifico del vissuto e delle pratiche agite dalle giovani credenti, considerando che l’Islam plurale stesso ha bisogno di adattarsi alla cultura occidentale se non vuole creare giovani estranei alla vita sociale e politica italiana. Diventa per tale ragione fondamentale, come Giacalone stessa fa, seguirli nei loro itinerari pubblici, nelle loro pratiche religiose, nelle strategie personali che mostrano complessivamente difficoltà e prospettive di una nuova identità socio-religiosa.

Pertanto le storie e le autobiografie riportate nel testo rappresentano significativi percorsi di vita, richieste esplicite di attribuzione di senso, spazio in un mondo che non sempre sembra in grado di accogliere le sue protagoniste. In questo modo conflitti e percorsi individuali diventano tasselli di storie collettive femminili, preziose, ricche di significati, nelle tante e diverse trame simili tra loro.

D’altro canto, per poter vivere nel paese in cui sei nata, ma che non sempre ti accetta fino in fondo in virtù della tua storia e provenienza familiare ed etnica, come più volte ribadisce e documenta Giacalone attraverso le storie raccolte, è necessario mediare continuamente tra ambiti politico-giuridici e pratiche religiose, tra etica e vissuti, per approdare a una nuova cittadinanza plurale.

Nel suo lavoro, inoltre, le donne emigrate e le loro figlie esprimono maggiormente il bisogno di competenze, il riconoscimento di diritti, la necessità di un cambiamento, ma hanno anche paura di vivere forme di esclusione dalla società e nella relazione esprimono tutto il disagio di una scelta difficile. In questa prospettiva l’hjiab, e la tradizione a cui si ricollega il “velo”, assumono il valore nuovo e potente di un’appartenenza che guarda al presente e al livello di integrazione raggiunto più che al passato. D’altro canto, più volte nel suo lavoro, l’autrice ci ricorda che ritualità e pratiche servono proprio a rinsaldare legami e relazioni, a costruire e rinforzare identità, a cercare un riconoscimento del sé per ricostruire ponti verso gli altri, e ciò anche in una prospettiva di cambiamento.

Nel testo, poi, si sottolinea in modo incisivo come crescere in Occidente significhi gradualmente imparare a conferire importanza alla soggettività e dare senso ai percorsi della crescita, tenendo conto di una conflittualità potenziale e reale che si snoda tra genere, generazioni e religione, come ancora le storie riportate evidenziano chiaramente. La conciliazione tra questi tre complessi e articolati versanti richiede continue mediazioni, attraversa conflitti cognitivi, emotivi e sociali, impone forme di riconoscimento.

Così il testo, dopo una ricca introduzione che tocca importanti questioni di metodo, restituendo la sedimentata esperienza di ricerca dell’autrice, si snoda agevolmente in quattro articolate sezioni che vanno da un’analisi su genere e generazioni, a un approfondimento su agentività delle giovani di Gioventù Musulmana Italiana tra Corano e pratiche sociali per toccare infine temi quali islamofobia e discriminazioni e chiudere su interazioni.

A proposito di interazioni e relazioni la sfida dell’etnografia, tra immersione nel campo e incontro con l’altro, traspare chiaramente e complessivamente dal testo di Giacalone che riesce a farvi fronte in modo pieno e creativo, per restituirci uno sguardo vivo e molteplice, lungo nel tempo, su una comunità di donne, e in particolare di giovani di seconda generazione nate e cresciute in Italia, e sul complesso e articolato ventaglio di differenze che animano le loro storie e i loro stimolanti percorsi di vita.

Bibliografia

Aït Mous F., Ksikes D. (sous la direction de) 2016, Le tissu de nos singularités. Vivre ensemble au Maroc, Casablanca: En toutes lettres.

Borrillo S. 2017, Femminismi e Islam in Marocco. Attiviste laiche, teologhe, predicatrici, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane.

El Mansour M. 2019, The Power of Islam in Morocco: Historical and Anthropological Perspectives, Abingdon-New York: Routledge.

Lamrabet A. 2007, Le Coran et les femmes: une lecture de libération, Lyon: Tawhid.

Pennacini C. (a cura di) 2013, La ricerca sul campo in antropologia. Oggetti e metodi, Roma: Carocci.

Pepicelli R. 2010, Femminismo islamico. Corano, diritti, riforme, Roma: Carocci.

Piasere L.
 2002, L’etnografo imperfetto. Esperienza e cognizione in antropologia, Roma - Bari: Laterza.

Ranisio G. 2018, Mediterraneo e identità di genere: norme religiose e pratiche sociali, «Storia, antropologia e scienze del linguaggio», XXXIII (2-3): 179-192.

Zito E. 2020, «C’est une maladie qui vient de Dieu»: dā’al-sukarī. Pluralismo medico e credenze religiose in Marocco, «EtnoAntropologia», 8 (1): 171-200.