Procreazione, genere e migrazioni su un’isola-frontiera nel Mediterraneo

Recensione

Eugenio Zito

Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II

Chiara Quagliariello, L’isola dove non si nasce. Lampedusa tra esperienze procreative, genere, migrazioni, Unicopli, Milano 2021, pp. 1-303. ISBN: 9788840021843

Questo di Chiara Quagliariello, edito nel 2021 da Unicopli (Milano) nella collana Biblioteca di Studi Antropologici, è un libro originale che si propone di riflettere sulla storia di Lampedusa e sui processi emigratori e immigratori che l’hanno caratterizzata, attraverso però il punto di vista delle donne, prospettiva ancora poco esplorata rispetto alla mole di studi che hanno avuto ad oggetto tale isola-frontiera. Al centro del volume ci sono infatti le storie di diverse generazioni di donne dell’isola, ma anche di migranti in stato di gravidanza e accolte a Lampedusa. La prospettiva di analisi è dunque esplicitamente di genere, in un più ampio approccio intersezionale, utilizzando come specifica lente di lettura quella dell’esperienza procreativa, categoria intesa dall’autrice come tutto ciò che è riferibile a concepimento, gravidanza, parto, allattamento o anche interruzione di gravidanza.

Considerando che la salute sessuale e riproduttiva femminile non può essere separata dal contesto sociale, economico e politico in cui le donne vivono, fondamentale appare il contributo critico che l’antropologia può fornire nei termini della sua definizione e contestualizzazione e nella valutazione dell’accesso alle cure per una significativa ricaduta anche sulle politiche e sulle pratiche di intervento, oltre ogni rischio di essenzializzazione del femminile [Inhorn 2006; Inhorn, Wentzell 2012]. In proposito, se per esempio consideriamo il parto un evento biosociale, perché da un lato attiene al biologico e dall’altro è permeato dalla cultura ed è socialmente prodotto e politicamente situato [Ranisio 2012], allora la procreazione stessa non può essere intesa al di fuori delle relazioni sociali entro cui si determina [Mattalucci 2017].

L’analisi attenta e critica dell’antropologia, e in particolare dell’antropologia medica, su queste tematiche, basata su ricerche condotte in contesti specifici come questa proposta da Quagliariello, si rivela pertanto di grande interesse. Infatti permette di porre in evidenza come le logiche e i discorsi del potere passino attraverso la gestione e il controllo dei/sui corpi, in particolare delle donne, considerando sia la maternità nelle migrazioni transnazionali, sia la medicalizzazione della salute femminile e le tecnologie riproduttive [Ranisio 2019], ed anche la più recente categoria di violenza ostetrica [Quattrocchi 2018].

In merito, le riflessioni sviluppate da Quagliariello nel suo volume sono l’esito di una ricerca condotta nel periodo compreso tra il 2016 e il 2017 sull’isola di Lampedusa e a Palermo, città che con i suoi cinque ospedali pubblici e le diverse cliniche private costituisce di fatto uno dei principali luoghi di estensione di Lampedusa stessa e a cui le donne dell’isola si rivolgono per il parto o per l’interruzione di gravidanza e a cui sono state riferite, per diverse forme di assistenza, le migranti gravide trasferite proprio da Lampedusa. Tale percorso di ricerca è stato finanziato e si inserisce all’interno di un più ampio progetto europeo ERC starting grant che aveva come obiettivo principale lo studio dell’esperienza procreativa tra donne migranti accolte in territori corrispondenti alle frontiere meridionali dell’Europa come Lampedusa e le coste siciliane, Atene ed alcune isole greche, Ceuta e Melilla in Nord Africa. Le ricerche etnografiche svolte in parallelo in questi diversi territori di frontiera del Mediterraneo si sono focalizzate sullo specifico legame tra politiche volte al controllo dei confini, percorsi migratori femminili e possibilità di accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva.

L’autrice chiarisce subito che, nel caso di Lampedusa, in accordo con le teorie dell’antropologia simmetrica, ha scelto di interessarsi non solo dell’esperienza procreativa delle donne migranti ivi giunte, ma anche di quella delle donne isolane, presupponendo che non sia possibile comprendere l’esperienza altrui senza riflettere sulla propria. Da un punto di vista pratico il tema del diventare madri per donne dell’isola e per donne migranti è stato esplorato con una pluralità di metodologie che vanno dalla ricerca d’archivio su registri nascite per ricostruire la storia dell’assistenza al parto a Lampedusa, ad interviste semi-strutturate (individuali o in piccoli gruppi) di 27 donne isolane e di differenti età per ricomporre e mettere a confronto le esperienze di diverse generazioni femminili. Tali metodologie hanno incluso il ricorso ad interviste rivolte a professionisti sanitari (ginecologhe, operatori di pronto soccorso, infermieri, generalisti) per meglio esplorare le complesse questioni sanitarie e politiche connesse all’assistenza alle popolazioni straniere, e ad interviste a 25 donne migranti di diversa età e provenienza con lo scopo di analizzare l’intreccio tra percorsi di mobilità ed esperienze procreative. Infine sono stati intervistati, su tematiche di accoglienza e gestione di migranti a Lampedusa, rappresentati della società civile dell’isola, di associazioni locali e infine di organizzazioni umanitarie. Non è poi mancata la raccolta di dati statistici e, con lo spostamento a Palermo nella seconda fase del progetto, l’attivazione anche di un percorso di ricerca multi-situato. Grande spazio è stato più in generale dato all’osservazione partecipante accanto ai professionisti sanitari in diverse circostanze per meglio ricostruire i percorsi di assistenza ostetrico-ginecologici sia delle donne straniere che di quelle isolane.

Discutendo della complessità del suo percorso di ricerca Quagliariello ci ricorda che, se è vero che la raccolta di storie di vita ed esperienze personali richiede sempre una postura riflessiva da parte degli antropologi e degli altri scienziati sociali, dall’altro lato le testimonianze su cui ha lavorato, che attengono a sfere tanto intime, quali sessualità e procreazione, costituiscono un ambito molto delicato nell’incontro etnografico, ponendo diverse questioni etiche anche connesse al complesso iter migratorio di una parte delle donne incontrate. Nel caso specifico la scelta strategica dell’antropologa di accedere a questo ambito di esperienza affiancando il personale medico nella veste di traduttrice ha avuto come fine, oltre quello conoscitivo, anche quello applicativo di aiutare le stesse donne migranti a comprendere meglio il proprio stato di salute e i propri diritti sanitari. Inoltre il suo essere donna ha certamente favorito tale posizionamento, consentendole al contempo di acquisire racconti e testimonianze a cui difficilmente avrebbe potuto avere accesso con altre modalità.

Il volume, esito di tale sentito e articolato percorso di ricerca, consta di due parti. Nella prima, intitolata Storia delle nascite a Lampedusa e che include i capitoli I-III, l’autrice ricostruisce in maniera puntuale la storia dell’assistenza al parto sull’isola di Lampedusa. La seconda, intitolata Alla ricerca di nuovi luoghi in cui partorire, che include i capitoli IV-V, ha come principale focus l’analisi dei flussi migratori femminili nel Mediterraneo centrale.

Nel primo capitolo dal titolo Quando (ancora) si partoriva a casa viene analizzato il modo in cui veniva gestito l’evento procreativo, non solo a Lampedusa, prevalentemente all’interno delle mura domestiche nel periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’60 del Novecento. In continuità e dialogo con altri studi sul tema riferiti al contesto italiano [Ranisio 1996] vengono così ricostruite in particolare le principali figure responsabili dell’assistenza alle partorienti: levatrici-mammane rappresentanti di un sistema di conoscenze non scientifiche e levatrici diplomate depositarie invece di un sapere scientifico, spesso in concorrenza tra loro. In questo capitolo viene inoltre dato uno sguardo anche al ruolo dei primi medici presenti sull’isola.

Nel secondo capitolo intitolato Il parto ospedaliero: una rivoluzione mancata a Lampedusa si discute del passaggio dell’accompagnamento alla gravidanza e al parto dallo spazio domestico a quello ospedaliero nel periodo compreso tra gli anni ’60 e ’70 del Novecento, sottolineando come la situazione vissuta a Lampedusa sia stata diversa dal resto dell’Italia e dell’Europa. L’autrice sottolinea infatti che sull’isola l’introduzione di un centro ospedaliero per l’assistenza alle donne durante la gravidanza al momento del parto e del postparto non sia avvenuto. Proprio negli anni in cui si affermano una serie di importanti diritti riproduttivi per le donne, tra cui anche quello all’interruzione volontaria della gravidanza, regolato in Italia con la legge 194 del 1978, le donne di Lampedusa si vedono invece costrette a rivolgersi a strutture ospedaliere fuori dell’isola per ricevere assistenza per gravidanza, parto, postparto o per intraprendere percorsi di interruzione di gravidanza.

Nel terzo capitolo dal titolo Alla ricerca di altri luoghi in cui partorire ci si concentra sui conseguenti percorsi di mobilità e di “emigrazione riproduttiva” per le donne di Lampedusa e sul fenomeno delle “nascite de-territorializzate”, ricostruendo i principali luoghi scelti per andare a partorire, di volta in volta cambiati in relazione con altre trasformazioni avvenute sul territorio dell’isola, connesse alle evoluzioni dei mezzi di trasporto disponibili e alle traiettorie migratorie per la ricerca del lavoro. Viene inoltre analizzata la scelta di alcune donne di continuare a partorire sull’isola, scelta connessa da un lato con le poche risorse economiche disponibili e dall’altro con la volontà di ricorrere all’aiuto dell’ultima ostetrica di Lampedusa attiva fino ancora agli anni ’80 del Novecento, dopo la cui scomparsa si è poi reso necessario il parto in spazi ospedalieri fuori dell’isola. Vengono così analizzate alcune delle principali conseguenze connesse alla normalizzazione, per le donne di Lampedusa, dei fenomeni di emigrazione riproduttiva e conseguenti nascite de-territorializzate a partire dagli anni ’90 del Novecento, peraltro diffuse anche in molti altri luoghi della Sicilia. Tali condizioni hanno comportato l’indebolimento del sentimento di appartenenza al territorio isolano nelle nuove generazioni nate lontano, l’isolamento sociale ed affettivo delle donne durante l’ultima fase della gravidanza trascorsa distante dalle proprie famiglie, l’elevato interventismo medico per l’ingente numero di parti cesarei resi necessari dalle circostanze.

Nel quarto capitolo, dal titolo Essere donne, migranti e “nere”: violenze di genere, violenze di Stato e che rientra nella seconda parte del volume, l’autrice esplora i profili di alcune migranti gravide, in prevalenza provenienti dalla Nigeria, ma non solo, giunte a Lampedusa e poi trasferite presso Centri di accoglienza in Sicilia. Si sofferma, in particolare, sulle forme di violenza subita nei contesti di origine e durante il percorso migratorio verso la Libia, con specifica attenzione alle dimensioni ambivalenti della gravidanza stessa, da un lato esito degli abusi subiti in Libia e dall’altro “opportunità” per arrivare in Italia attraverso il Mediterraneo. L’autrice pone però attenzione anche ad altre manifestazioni di violenza sperimentate da queste donne all’arrivo in Italia e connesse, per esempio, al percorso di interruzione di gravidanza, oppure ad alcune dinamiche di medicalizzazione del parto, fino a sfociare in vere e proprie forme di violenze istituzionali, razzismo ostetrico e trattamenti differenziali, spesso orientati da rappresentazioni razzializzanti.

Nel quinto capitolo, dal titolo Ingiustizie riproduttive a confronto, si riflette sulle difficoltà sperimentate nell’accesso ai servizi di salute riproduttiva sia per le donne di Lampedusa sia per le migranti di origine sub-sahariana. In particolare la percezione delle migranti come alleate, o come al contrario concorrenti rispetto alle donne di Lampedusa, consente all’autrice di mettere in evidenza la complessa storia locale di un territorio caratterizzato da significative mancanze rispetto agli ambiti della salute sessuale e riproduttiva.

Il valore della ricerca attenta e puntuale e delle riflessioni di Quagliariello nel restituirci uno sguardo vivido e critico sull’essere donne in certi contesti e circostanze come quelli esplorati, vanno oltre il caso Lampedusa. Le situazioni esaminate, infatti, se da un lato si riferiscono a un’isola-frontiera che rappresenta per molti aspetti un’eccezione a livello nazionale, dall’altro consentono anche di riflettere più ampiamente su quanto altrove accade in Italia, ma non solo. Il riferimento è, per esempio, a questioni delicate quali la presenza di ostacoli all’interruzione di gravidanza, l’eccessiva medicalizzazione di gravidanza e parto, le violenze ostetriche, i trattamenti differenziali in merito all’ambito della salute sessuale e riproduttiva sperimentati da donne migranti e così via. Inoltre le situazioni descritte dall’autrice mostrano similitudini con quanto accade su altre isole-frontiera alla periferia dell’Europa e nel resto del mondo [Zito 2018], ricordandoci così che le questioni emerse costituiscono un prezioso stimolo per riflettere in modo critico sul complesso intreccio tra forme contemporanee di assistenza a gravidanza e parto, percorsi di mobilità femminili, disuguaglianze territoriali, stereotipi di genere e migrazione [Bernardini et al. 2021], processi di razzializzazione vissuti un po’ ovunque da molte donne straniere.

Bibliografia

Bernardini M.G., La Spina E., Morondo Taramundi D., Parolari P. 2021, (Un)doing gender and migration stereotypes. Per un’analisi critica degli stereotipi nel rapporto tra genere e migrazioni, Editoriale, «AG - About Gender. International Journal of Gender Studies», 10 (20): I-XXXVIII.

Inhorn M.C. 2006, Defining women’s health: a dozen messages from more than 150 ethnographies, «Medical Anthropology Quarterly», 20 (3): 345-378.

Inhorn M.C., Wentzell E.A. (eds.) 2012, Medical anthropology at the intersections. Histories, activisms and futures, Durham, London: Duke University Press.

Mattalucci C. (a cura di) 2017, Antropologia e Riproduzione. Attese, fratture e ricomposizioni della procreazione e della genitorialità in Italia, Milano: Raffaello Cortina Edizioni.

Quattrocchi P. 2018, Oltre I luoghi comuni. Partorire e nascere a domicilio e in casa maternità, Firenze: Editpress.

Ranisio G. 1996, Venire al mondo. Credenze, pratiche e rituali del parto, Milano: Meltemi.

Ranisio G. (a cura di) 2012, Culture della nascita. Orizzonti della maternità tra saperi e servizi, Napoli: Edizioni Libreria Dante & Descartes.

Ranisio G. 2019, Salute sessuale e riproduttiva: un concetto da rivedere?, «EtnoAntropologia», 7 (1): 9-18.

Zito E. 2018, Corpi a rischio: maternità e infezione da HIV in una comunità di sviluppo nel Tigray (Nord Etiopia), «Narrare i Gruppi», 13 (2): 183-222.