Il Festival, la città e il “senso del luogo”

Considerazioni intorno al Festival di Sanremo

Gianfranca Ranisio

Università di Napoli Federico II

Abstract. The Sanremo Festival is a mass-media event that involves a plurality of socio-economic, cultural and territorial factors/plans, requiring a multidisciplinary analysis perspective. This event has shown its vitality through various stages, turned seventy years in 2020, and has been subject to significant transformations. In this article I focus on the way in which the events of the Festival have intertwined with representations not only of the nation, but also of the city of Sanremo, through the use and reuse of urban spaces. I also highlight how a “sense of place” has been created around this event, becoming over the time a constitutive part of it.

Keywords: Mass-media, spettacle, Italian society, space, place, city.

Una riflessione oggi sul festival di Sanremo, che è per gli italiani lo spettacolo nazional-popolare per eccellenza, nel senso gramsciano del termine [Facci, Piloni, Soddu 2011; Lomartire 2012], non può limitarsi a registrare nella situazione attuale le incertezze rispetto alle prossime modalità di realizzazione, ma deve partire da considerazioni più ampie che tengano conto della pluralità degli aspetti coinvolti e della pluralità degli approcci con cui guardare a questa realtà, tra i quali l’approccio antropologico. Si tratta infatti di un evento che ha dimostrato una sua vitalità, è passato attraverso varie fasi, ha compiuto settant’anni ed è stato soggetto a notevoli trasformazioni. Anche nel 2020 ha avuto una sua singolarità, sia perché i settant’anni sono stati celebrati con grande risonanza, sia perchè è stata l’ultima grande manifestazione precovid a forte impatto di pubblico e mediatico[1].

In questa sede intendo soffermarmi non tanto sugli aspetti musicali e di costume, quanto sulle valenze storico-culturali e in particolare focalizzare l’attenzione sul modo in cui le vicende del festival si sono intrecciate con le rappresentazioni non solo della nazione ma anche della città, attraverso l’uso e il riuso degli spazi urbani.

Come ha posto in evidenza Hobsbawm [2014] i festival si sono moltiplicati a partire dal II dopoguerra, non solo quelli musicali, ma anche quelli cinematografici e quelli dedicati alla letteratura e alle arti. I festival sono diventati una componente fissa dell’industria dell’intrattenimento, settore economico sempre più rilevante, eppure hanno bisogno di finanziamenti e di sponsor. Anche Cudny ha rilevato che si può individuare una correlazione tra l’istituzione dei festival e i processi socioeconomici che si sviluppano nel II dopoguerra nei paesi occidentali. Egli, nella sua ricerca svolta nella città di Lodz nella Polonia postsocialista, ha messo in relazione lo sviluppo dei festival con il crescente ruolo della mobilità e della creatività, con l’affermarsi dell'economia culturale, delle società creative ed esperienziali, nonché con i processi di sviluppo urbano che hanno avuto luogo con l’affermarsi delle società postindustriali [Cudny 2014; 2016].

Quindi, per spiegare le ragioni del moltiplicarsi dei festival e del loro successo non è sufficiente un’interpretazione esclusivamente di natura economica, ma è piuttosto necessario rifarsi a una pluralità di fattori, tra i quali anche la caratterizzazione dei luoghi in cui si svolgono, che sono per lo più centri di piccole o medie dimensioni, -persino aperta campagna, nel caso di alcuni festival musicali,- luoghi in cui si può creare un’atmosfera comunitaria [Hobsbawn 2014; Paiola, Grandinetti 2009].

Una prospettiva di studi pluridisciplinare, comprendente antropologia, geografia, sociologia, ha affrontato e seguito gli sviluppi di questi eventi spettacolari, notandone le specificità che li distinguono sia da eventi commerciali che sportivi e ponendo in evidenza le diversificazioni interne e nell’ambito festivo in genere, anche in relazione all’incremento del tempo libero, al modo di strutturarsi, alla tipologia dei partecipanti. I festival costituiscono una tipologia del festivo e al loro interno si differenziano sulla base di alcuni aspetti quali la stagionalità, l’organizzazione, i finanziamenti, gli ambiti e le aree di influenza. Rientrano infatti nella tipologia dei festival quelle

«manifestazioni che comprendono una pluralità di spettacoli ed eventi culturali, anche interdisciplinari, nell’ambito di un coerente progetto culturale, ripetuti con cadenza determinata, effettuati solitamente in un arco di tempo limitato e in un medesimo luogo» [Bandiera 2017, 107].

L’apparato festivo è stato oggetto privilegiato della letteratura antropologica sia che si studiassero i grandi rituali collettivi, nelle loro dimensioni religiose o laiche, sia i grandi eventi della contemporaneità. Lo spettacolo, considerato per lo più come un ingrediente e allo stesso tempo un effetto del festivo, ha avuto meno attenzione rispetto ad altri aspetti del rituale, eppure si rivela un elemento utile per ripensare le origini dell’efficacia del rituale e l’azione del potere nelle cerimonie pubbliche [Addo 2009]. Spazio e tempo sono le categorie fondamentali per analizzare questa tipologia di eventi dal momento che la prospettiva spazio-temporale rivela “un’attenzione congiunta a micro e macrofenomeni” e colloca le dinamiche osservate in uno scenario culturale:

Tempo e spazio sono dimensioni imprescindibili per delineare e delimitare i contesti di osservazione come contesti di vita umana e quindi sede di esperienze intersoggettive, nella dialettica fra creatività e condizionamento, soggetto e struttura, di cui si nutre la progettualità sociale [Pacelli, Marchetti 2007, 12]

Infatti spazio e tempo sono le coordinate entro cui prende senso l’esperienza, in un mondo sempre più connesso, per cui lo spazio si caratterizza sia come spazio di flussi, reticolo di nodi, che come spazio di luoghi, intesi nell’accezione di località [Castells 2008].

Il rapporto tra i festival e le località dove si svolgono, è un elemento importante per comprenderne il successo, tanto che una tipologia di queste manifestazioni è rappresentata dai festival territoriali. La connessione festival-territorio, quando è ampiamente riconosciuta, tende a ridefinire aspetti dell’identità locale, pur con i limiti implicati nell’uso di questo concetto. Infatti, quando ci si riferisce all’identità si pongono problemi di natura complessa, in particolare per un territorio perché significa stabilire una correlazione tra luogo fisico e spazio culturale, simbolico, economico della società insediata. Le caratteristiche dell’identità di un luogo, tra le quali la cultura popolare e la sua storia, sono risorse sempre più utilizzate per connotare turisticamente un territorio e i vari progetti di marketing territoriale fanno riferimento proprio a questo, poiché l’identità locale non si traduce nel solo recupero di elementi fisici e paesaggistici, bensì in una vera e propria rielaborazione culturale legata a memorie e ad eventi.

Le località, dove da più anni avvengono festival, hanno acquisito una loro visibilità anche in relazione a questi eventi di massa, di grande risonanza, che producono flussi turistici. Gli eventi collettivi contribuiscono, pertanto, quando hanno un radicamento territoriale, alla costruzione dell’identità locale e divengono essi stessi parte del patrimonio culturale di un territorio e, allo stesso tempo, contribuiscono a ri-formare l’identità locale delle città che li ospitano[2] [Bozzato, Bandiera 2018, 58; Paiola, Grandinetti 2009].

Un Festival Territoriale non utilizza il territorio e la comunità entro cui si svolge solo come un palcoscenico di sfondo, con pochi rapporti tra la natura culturale dei momenti di spettacolarizzazione e il luogo in cui la manifestazione è inserita, ma individua elementi specifici legati al territorio stesso, alla comunità che lo vive, alle sue culture, alle sue economie e alle pratiche attraverso cui essa esplica il proprio vivere quotidiano. Questo secondo aspetto è quello che caratterizza i Festival Territoriali, ma certo il festival di Sanremo non si può rinchiudere in questa categoria. É evidente, infatti, che esso, per la sua storia e per l’apparato mediatico che muove, è diventato un evento più ampio del festival stesso, è, come dice Plastino, un genere letterario, nel senso che produce narrazioni, discussioni ma anche prodotti culturali, come film e libri [Plastino 2013]. A maggior ragione perciò non può essere considerato un festival territoriale, tuttavia presenta degli aspetti interessanti in questa prospettiva che si sono accentuati negli ultimi anni.

Per questo ritengo opportuno soffermarmi sui concetti di spazio e luogo, che nella ricerca antropologica hanno assunto grande rilevanza e specificità, in quanto rimandano al significato culturale e alla memoria sociale e politica del luogo, in rapporto con il discorso pubblico e politico. Lo spazio ha caratteristiche di maggiore astrazione rispetto al luogo, che porta con sé sentimenti di appartenenza e di identità legati alle esperienze vissute dai soggetti ed è maggiormente identificativo [McKenzie, Aucoin 2017]. Il luogo assume una sua dimensione connotativa che impronta “il senso” del luogo stesso e diviene, in un certo modo, uno tra i sistemi di significato con cui diamo senso al mondo attraverso i processi e le pratiche culturali che in quel luogo si realizzano. Infatti il luogo non è solo un dato fisico, ma soprattutto è un ambito di strutturazione dell’interazione sociale, per questo il significato del luogo si costruisce attraverso immagini, narrazioni e rappresentazioni. Questa costruzione può portare a interpretazioni conflittuali dell’identità dei luoghi, tanto più quando tali interpretazioni diventano operanti in una visione strategica di valorizzazione del territorio [Massey, Jess 2006; Feld, Basso1996; Scarpelli 2017].

La distinzione spazio/luogo richiama quella tra luoghi/ non-luoghi introdotta da Augè e che ha avuto grande fortuna, secondo la quale, perché a un luogo si attribuisca tale denominazione deve assolvere ad alcuni requisiti fondamentali quali: essere identitario - in grado quindi di individuare l’identità di chi lo abita - essere relazionale - stabilendo una reciprocità dei rapporti tra gli individui funzionale ad una comune appartenenza - essere storico - mantenendo la consapevolezza delle proprie radici in chi lo abita [Augè 1993].

In effetti i festival sono intimamente associati con i luoghi che li ospitano, ai quali danno “senso” trasformando gli spazi che occupano anche temporaneamente; tra gli spazi urbani che i festival influenzano maggiormente vi sono, - oltre ai centri occupati come spazi permanenti-, teatri, musei, strade e piazze, che assumono in quel periodo funzioni specifiche.

Anderton [2019], basandosi principalmente su esempi inglesi, esamina i luoghi dove si svolgono manifestazioni musicali per rilevare come per pochi giorni ogni anno questi luoghi prendano vita propria, diventino le sedi di eventi legati ai festival, siano riorganizzati nella loro immagine secondo l’intento degli organizzatori e costituiscano villaggi “temporanei” di abitanti “temporanei”, creando una dimensione di metasocialità, un qualcosa che accomuna i partecipanti, in quanto sulla manifestazione aleggia una particolare atmosfera, un particolare sentire.

L’impiego di concetti come limen e comunità si rivela particolarmente appropriato in queste circostanze, infatti nei festival musicali si realizza una condizione di particolare coinvolgimento, si crea l’esperienza di uno stato che può essere definito liminare o liminoide [Turner 1986, 54-57][3]. Durante i festival si crea una communitas temporanea dove gli elementi culturali possono essere rimescolati, i processi identitari individuali e collettivi si rimettono in gioco, dove c’è spazio per l’immaginazione e un insieme di persone, più o meno omogenee per tipologia di interessi e/o di lavoro, si radunano per poi disperdersi, alla conclusione del tempo festivo dandosi appuntamento per ritrovarsi l’anno successivo[4] [Anderton 2019; Luckman 2014].

Anderton [2019] pone in evidenza che in essi due categorie contrapposte come effimero e continuo si saldano insieme, e a verifica di ciò si sofferma sulla ricostruzione ogni anno di quell’apparato festivo, nel quale si combinano continuità e mutamenti, con l’introduzione di altre attrazioni e performance, ma all’interno di quei luoghi, che possono essere definiti luoghi ciclici, i quali, nel periodo in cui non vi sono eventi, rimangono in un’atmosfera sospesa, come in attesa della manifestazione, pronti a ripopolarsi nel tempo stabilito.

Questa prospettiva di analisi basata sullo studio di eventi di breve durata ma legati in modo incontrovertibile a una specifica località, si rivela particolarmente appropriata per manifestazioni che all’inizio potevano collocarsi in una dimensione episodica, ma che poi si sono radicati nella storia culturale e nell’immaginario della nazione, come è avvenuto per il Festival di Sanremo, che ha saputo essere qualcosa di più di un semplice evento spettacolare.

Il festival di Sanremo, noto anche come Festival della Canzone Italiana, ha inizio nel secondo dopoguerra con l’intento di restituire vitalità a una località turistica, il cui fascino appariva appannato, in un periodo in cui Sanremo aveva perduto quell’attrattiva che l’aveva caratterizzata a partire dalla Belle Époque e nasce precisamente nel 1951 all’interno del Casino, al quale, dopo la chiusura della guerra e la lenta e difficoltosa ripresa successiva, si voleva dare nuovo lustro [Ranisio 2006] [5].

Il Festival aveva avuto quindi nella fase iniziale uno spazio limitato, in quanto circoscritto all’interno di una struttura ancora di élite e si era avviato in sordina ma era riuscito a richiamare i nomi più prestigiosi della tradizione italiana musicale, da Nilla Pizzi a Claudio Villa. Le edizioni dei primi anni avevano continuato quel filone melodico tradizionale con musiche e testi che erano in linea di continuità rispetto al passato.

Le prime edizioni del Festival erano state tutte un tripudio di brani lacrimosi, tradizionalissimi sia nella musica che nei testi, spesso inneggianti a rassicuranti valori di matrice democristiana, in un trionfo retorico di mamme piangenti, amori struggenti e celestiali, o al limite di filastrocche scacciapensieri, del tutto astruse dalla realtà … [Campus 2011, 521]

Caratterizza il festival fin dall’inizio uno stretto rapporto con i media, agli esordi la radio e dal 1956 la diretta radio-televisiva[6], ma assieme ad esso, è presente il rapporto con la città, tanto che pur essendo il Festival della Canzone Italiana diviene subito il Festival di Sanremo.

Considerando la manifestazione in una prospettiva diacronica, come abbiamo già notato, attraverso quelle che sono state definite canzonette, il festival è riuscito a trasmettere un’immagine della società italiana che si autorappresenta, delineando modelli e nuovi interpreti e negli anni ha allargato la visione a una pluralità di stili musicali e anche di tematiche sociali proponendosi in un’ottica intergenerazionale [Facci, Piloni, Soddu 2011].

Pur tra alti e bassi, il festival ha saputo intessere un rapporto con la recente storia del paese, scandendone anche alcuni momenti, così come nel 2011, quando per il 150 anniversario dell’unità d’Italia, un’intera serata è stata dedicata alla rassegna di canzoni rappresentative dei primi centocinquant’anni della storia dell’Italia unita, a fornire un’ulteriore conferma di come l’identità del paese possa essere espressa anche attraverso le cosiddette ‘canzonette’.

A questo proposito, la categoria di nazionalpopolare, introdotta da Gramsci, si rivela utile per individuare come il festival sia diventato sempre più articolato, rispecchiando la pluralità di motivi presenti nella società. Pertanto l’approccio storico-culturale che segue la manifestazione nella sua dimensione temporale può essere indicativo per scandagliare «le persistenze, le innovazioni e la pluralità dei motivi contenuti nell’animo della nazione» [Facci, Piloni, Soddu 2011, 9]. Attraverso l’analisi di testi e stili musicali, personaggi e costumi, si aprono scenari che permettono di individuare i rapporti tra questa manifestazione e la società nel suo complesso o anche solo nelle sue realtà specifiche [Borgna 1997; Lomartire 2012; Campus 2015].

Il festival di Sanremo può essere considerato lo specchio riflesso e l’interprete della società italiana, della quale è riuscito a trasmettere l’immagine, fissandone attraverso le canzoni l’autorappresentazione. «In nessun paese europeo, una manifestazione di canzoni ha svolto la funzione nazionale che dal 1951, tra inevitabili alti e bassi, è stata svolta dal Festival di Sanremo» [Facci, Piloni, Soddu 2011, 16].

Si potrebbe perciò seguire questa pista storica, come hanno fatto questi autori, per analizzare come attraverso un testo, una musica, un personaggio si possano tratteggiare aspetti della società italiana. Infatti, ripercorrendo la fortuna delle canzoni che hanno vinto o anche soltanto partecipato a un’annata del festival, si può ricostruire non solo la fortuna di testi e musiche, seguire le vicende di altri testi e altri personaggi che hanno fatto la storia della musica italiana, a partire da quel palcoscenico, ma soprattutto intrecciare queste vicende musicali con quelle della società.

A titolo emblematico si possono considerare alcuni episodi legati alla canzone di Modugno Nel blu dipinto di blu, che appare tuttora contemporanea.

Quando nel 1958 Nel blu dipinto di blu fu presentata al Festival, riscosse subito un notevole successo e non solo per le capacità canore di Modugno. Questa canzone segnava un notevole distacco dalle edizioni precedenti: annunciava una volontà di rinnovamento negli stili musicali, che corrispondeva alle ansie di cambiamento presenti nella società e i media si resero subito conto della novità. Esprimeva la volontà di rinascita di un paese che si stava affacciando alla modernità e alle trasformazioni che avrebbero portato al boom economico [Campus 2011; ID 2015; Borgna 1985, 141- 144][7]. Inoltre questa canzone rafforzò l’immagine dell’Italia nel mondo divenendone un po’ il simbolo, tanto che numerosi sono stati i cantanti italiani e stranieri che hanno voluto riproporre questo brano.

Il modo in cui Nel blu, dipinto di blu seppe rispecchiare le aspirazioni di una nazione impegnata nella ricostruzione è un esempio di come il Festival di Sanremo abbia saputo accompagnare alcune fasi della storia e del costume dell’Italia repubblicana, aprirsi a nuovi contenuti e come le canzoni possano continuare a trasmettere messaggi. Infatti, questa canzone, cantata da un gruppo degli anni Settanta, è risuonata anche a marzo durante il lockdown come colonna sonora che accompagnava un video dell’Italia deserta, malata ma desiderosa di ripartire. Si trattava di un video sulle bellezze della nazione che abbracciava idealmente a partire da Milano le città d’arte e i paesaggi costieri. La scelta della canzone è stata molto evocativa, per i significati ad essa sottesi; alla chiusura nelle mura domestiche si contrapponeva la libertà del volo che porta a osservare dall’alto le bellezze del paesaggio italiano, la trasparenza del mare straordinariamente limpido e l’azzurro del cielo, ancora più splendente nella stagione primaverile.

Ai versi di questa canzone, dai contenuti polisemici, è stato affidato il compito di illuminare per i settant’anni la strada principale della città: corso Matteotti, che conduce dall’Ariston al Casinò, dove Modugno vinse il Festival a testimoniare quanto il testo, che con l’immagine onirica trasmette una volontà di slancio e di nuove aperture, sia legato alla storia del festival di Sanremo. Le luminarie installate quest’anno riportavano le strofe della canzone, secondo l’idea artistica, già sperimentata in altre città, di decorare le strade con versi di una poesia o di una canzone famosa.[8] In questo caso significava da un lato richiamarsi alla canzone di più ampio successo nella storia del festival per celebrarne il settantesimo anniversario, ricordandone così i momenti migliori e dall’altro proiettare i contenuti e lo spettacolo del festival all’interno dello spazio urbano in modo significativo.

Proprio questo esempio pone in evidenza come sia importante intrecciare la prospettiva di tipo storico-culturale, con quella spazio-territoriale, a partire dallo spazio urbano nel quale si sviluppa il festival.

L’identificazione tra il festival e la città è sempre stata forte, anche per esempio nell’enfasi posta sul paesaggio e sulle attrattive turistiche e soprattutto sui fiori che rappresentano/vano un settore strategico dell’economia cittadina. Spesso, a livello locale, si sono avute aspre polemiche, se nell’addobbo del palco non erano messi adeguatamente in risalto. Tuttavia il coinvolgimento degli spazi urbani è un fenomeno relativamente recente, da quando si sono sviluppate iniziative che tendono a portare il festival fuori dal teatro Ariston, configurandolo come un evento pubblico con ampi flussi di presenze.

E in effetti si possono individuare, oltre l’ambito della musica e dello spettacolo, tre sistemi che si intrecciano, l’aspetto sociale nel senso che è la società italiana che si riflette nei temi e motivi, la struttura urbana che si attrezza per rappresentare l’evento, la gran macchina mediatica che si muove: sono questi gli ingredienti che appaiono più significativi.

Il mondo dei media si è ulteriormente arricchito e articolato con l’avvento di Internet e dei social, consentendo forme di partecipazione online, in conformità con le più ampie pratiche di consumo e di costruzione dell’identità che caratterizzano le società neoliberali e postindustriali, per cui gli spettatori-consumatori non sono soltanto fruitori passivi, ma possono interagire diventando anche produttori attraverso forme di interazione e di partecipazione [Morey et al. 2014]. Sarebbe interessante analizzare il modo in cui i “visitatori” del Festival utilizzano differenti piattaforme on-line, i social, i forum e You Tube e come rispondano alle forme di partecipazione sollecitate, tenendo presente che le varie serate dello spettacolo fanno registrare rilevanti numeri di contatti anche sul digitale e sui social network, con più di 2 milioni e mezzo di interazioni in ogni serata sui social, da Facebook a Instagram e un numero molto elevato di spettatori che seguono la diretta attraverso internet su RaiPlay e su You Tube[9].

In un primo periodo il legame territoriale ha avuto un limitato riscontro, più recente è l’impiego di spazi urbani collegati direttamente o indirettamente alla manifestazione. Infatti, al dilatarsi anche temporale dei collegamenti e delle trasmissioni radiotelevisive, si è accompagnato l’ampliarsi degli eventi, musicali e non, sul territorio urbano, e con il passare degli anni anche un incremento di presenze e di flussi turistici rilevabile dai dati ufficiali.

La città non si limita a essere solo un luogo di supporto per le feste e gli eventi che si svolgono al suo interno, ma tende a sempre più a trasformarsi in un luogo festivo e questa dimensione festiva guida il modo di concepire e praticare la città [Gravari Barbas 2009, 284]. Questa visione, in modo più o meno consapevole, finisce con l’influire sui modi della città di intervenire su se stessa, attraverso operazioni di trasformazione e di cosmesi urbana: la città prospera alimentando la propria immagine, che diventa strumento della città stessa per rinnovarsi e riconfermarsi (Bozzato, Bandiera 2018).

Negli ultimi anni si è registrato un notevole impegno da parte delle amministrazioni comunali che si sono succedute, perché il festival con le manifestazioni ad esso collegate possa coinvolgere, al di là delle presenze degli addetti ai lavori, il più ampio numero possibile di cittadini e turisti e quindi abbia un impatto positivo sulla stagione turistica in un periodo invernale altrimenti poco frequentato. Per far questo si sono ampliati gli spazi degli eventi, creando una relazione d’interdipendenza positiva perché i luoghi potessero conservare la memoria della manifestazione nel corso dell’anno, anche per i turisti occasionali che potrebbero trovarsi lì in un altro periodo. E tutto questo all’interno di un percorso cittadino circoscritto all’interno di un ideale cerchio, almeno per ora infatti il festival insiste saldamente sui luoghi della città creando una convergenza-identificazione poiché attraversa i luoghi più significativi del tessuto urbano ripercorrendone la storia, snodandosi dal casinò all’ex Mercato dei Fiori e all’antica Fortezza sul mare, vicina al porto dei pescatori.

Analizziamo alcuni interventi, che si ricollegano a questi cambiamenti negli usi degli spazi, sino a determinare il senso dei luoghi e che si sono realizzati negli ultimi decenni attraverso opere di arredo urbano e il restauro di strutture preesistenti. Questi dimostrano come la manifestazione abbia influenzato i modi della città di intervenire su se stessa secondo una prospettiva ricorrente per cui, con la crescita di importanza degli eventi festivi, negli ultimi anni, le amministrazioni locali hanno sviluppato varie strategie di politica urbanistica per dare impulso agli eventi. In tal modo gli avvenimenti festivi hanno assunto un ruolo sempre più strutturante fornendo legittimazione al potere per realizzare dei progetti di riqualificazione urbana [Simons 2017; Smith 2016; Gravari Barbas 2009].

Infatti attività di riqualificazione urbana sono state la pedonalizzazione di alcune aree, con conseguenti opere di arredo urbano e la ristrutturazione di edifici preesistenti con la rigenerazione degli spazi urbani coinvolti.

E’ evidente come la “narrazione” della città e l’edificazione dei suoi “miti” siano divenute reali strategie di promozione e di marketing urbano, come rivela l’arredo urbano della strada principale, corso Matteotti, sulla quale si affaccia l’Ariston, il teatro simbolo. Essa è stata pedonalizzata tra la prima metà del 2008 e il 2011, allestita di grandi fioriere e ripavimentata con l’inserimento nel pavimento stradale di una serie di pannelli in ottone con impressi i nomi delle canzoni che hanno vinto il Festival, accompagnati dai nomi dei relativi interpreti a partire dal 1951.

Nel febbraio 2013 è stata inaugurata in diretta televisiva una grande statua dedicata a Mike Bongiorno, all’incrocio tra via Matteotti con via Escoffier. La statua, realizzata in lega di bronzo, è alta due metri e ritrae il popolare presentatore, che ha presentato 9 edizioni del festival, con il braccio levato in alto nell'atto di pronunciare la celeberrima frase "allegria!" Questo monumento, pur essendo recente, ha finito con il caratterizzare questo passaggio, che è divenuto un luogo dove i turisti si fermano per scattarsi una foto, farsi un selfie, ma non solo, poiché il braccio sollevato della statua ha permesso anche che gli si affidassero messaggi di vario tipo con l’apposizione di cartelli (poi rimossi) durante alcune manifestazioni. Così l’8 febbraio 2020 decine di donne del movimento “Non una di meno” hanno dato vita ad un flash mob per protestare contro la violenza di genere, ritenendo il festival una vetrina importante dove portare «il grido di rivolta delle donne di tutto il mondo contro la violenza di genere». A marzo del medesimo anno, con il venir meno del clima festivo, in situazione di lockdown, è stata applicata la mascherina sul volto della statua e lasciato un messaggio di buon auspicio: «Allegria. E il virus va via»[10].

Anche le piazze presenti nel tessuto urbano sono state coinvolte in vario modo, da piazza Borea d’Olmo-via Mameli, davanti all’Ariston, con il red carpet e il truck per le trasmissioni di Radio 2 con le interviste dal vivo ai cantanti, a Piazza Bresca con uno spazio dedicato all’esibizione di gruppi. In particolare, Piazza Colombo ha acquisito centralità, oltre che con alla presenza di Casa Siae, come negli altri anni, con l’allestimento del grande palco a realizzazione del progetto «Tra palco e città»[11], a testimoniare cheil Festival esce dal teatro e si estende sul territorio cercando di coinvolgerlo il più possibile anche in una prospettiva intergenerazionale. Sul palco si sono esibiti nelle serate del festival gratuitamente alcuni cantanti per uno spettacolo aperto ai numerosi ospiti che affollavano la città[12].

A questo scopo hanno risposto anche le esibizioni e gli interventi musicali nella strada principale durante le ore pomeridiane soprattutto di gruppi e di cantanti esordienti che avevano partecipato alla Sanremo Giovani.

Accanto alle iniziative di arredo urbano si sono susseguiti dagli anni Novanta in poi progetti per restituire alla città e ai turisti luoghi che avevano cambiato la loro destinazione originaria, mi riferisco al Palafiori e al Forte di Santa Tecla, due edifici che fanno parte della storia della città.

Il Palafiori, che sino agli anni Novanta ha ospitato il Mercato dei Fiori, il più importante a livello nazionale, sia per la vendita all’ingrosso che al dettaglio, centro economico dell’attività produttiva dominante nel Ponente ligure[13] è oggi un luogo di riferimento per gli eventi del Festival, che si aggiunge all’Ariston e al Casino. Nel 2006 è diventato, dopo un’importante ristrutturazione, uno spazio espositivo e congressuale e nei giorni del Festival diventa sede di manifestazioni ed eventi attraverso le iniziative di Casa Sanremo, che è stata ideata nel 2007, dal Consorzio Gruppo Eventi. Difatti la Casa, oltre a permettere agli ospiti di seguire il festival su maxischermi, propone non solo rassegne dedicate alla narrativa e alla saggistica, ma anche un’ampia programmazione musicale aperta al pubblico ed iniziative collaterali, tra cui: “Casa Sanremo per il sociale”, spazio interamente dedicato alla presentazione di progetti di responsabilità sociale, e “L’Italia in Vetrina”, con l’illustrazione di varie esperienze regionali con promozioni enogastronomiche e turistiche.

Il Forte di Santa Tecla al Porto Vecchio fu costruito dai genovesi nel Settecento lungo il litorale della città, all'interno di una zona oggi adibita a giardini, a testimoniare la presenza e il controllo di Genova sul territorio del Ponente ligure. Dopo l’unità d’Italia fu adibito a carcere, finalmente venuto meno questo uso, è stato oggetto di un’intensa opera di restauro e di valorizzazione e dal 2016 il primo piano del Forte è aperto alla città con mostre e iniziative culturali[14]. In varie edizioni del Festival è stato impegnato per collegamenti della Rai, mentre nel 2020 è stato il sito nel quale è stata allestita all’interno la Mostra Sanremo 70, che, attraverso un percorso che si snodava in cinque sale, ripercorreva i settant’anni del Festival consentendo di riviverne le trasformazioni attraverso l’ascolto delle canzoni e la vista di foto, oggetti, materiali d’archivio, montaggi creativi e ricordi. Un particolare allestimento è stato dedicato ad alcuni abiti indossati dalle cantanti sul palco, tra cui quelli di Gigliola Cinquetti, Mia Martini, Iva Zanicchi e Dalida [15].

Lo spazio urbano non è solo al servizio dell’evento ma è sottoposto a un processo di trasformazione e di risignificazione: è la città a farsi luogo del festival articolando i suoi spazi ma senza stravolgerli, come se il festival con il suo apparato si appropriasse della città ma, a sua volta, la città facesse suo il festival con addobbi o installazioni caratterizzanti, lasciandosi percorrere dalla musica, dal mondo dei media e dai flussi dei visitatori. Anche gli addobbi delle vetrine dei negozi richiamano temi musicali e concorrono al clima festivo. Le luminarie che uniscono idealmente il Casinò e l’Ariston, i due edifici che sono stati nel tempo il simbolo dell’evento canoro[16], e poi piazza Colombo sino al Palafiori delimitano uno spazio urbano che è lo spazio del Festival. Nel 2020 il Palafiori, è stato unito idealmente all’Ariston anche dal tappeto rosso passante per piazza Colombo.

In questo spazio circoscritto si muove «il popolo del festival» costituito da addetti ai lavori, da spettatori, curiosi, visitatori, che spesso ricoprono più ruoli insieme, se consideriamo come spettatori “puri” solo quei relativamente pochi spettatori che hanno acquistato i biglietti, per assistere alle serate che si svolgono all’interno del teatro Ariston. Gli addetti ai lavori, appartenenti al mondo dei media e della musica, sono riconoscibili dall’uno o più pass che indossano e che danno loro la possibilità di accedere, a seconda delle attività in cui sono impegnati, agli spazi riservati e alle zone rosse. Proprio la presenza di zone rosse, oltre che di zone accessibili attraverso varchi d’accesso controllati per motivi di sicurezza nei percorsi urbani tra corso Matteotti e piazza Colombo, crea lunghe file in alcuni orari della giornata, distinguendo e separando. Si producono in tal modo percezioni diversificate per chi vive in quei luoghi, per il turista, per chi si muove per lavoro, tenendo conto che, per l’utente, lo spazio è una dimensione esperenziale che, come rileva Signorelli, «si dà in quanto e solo in quanto viene esperita» [Signorelli 1996, 64; Scarpelli 2017]. In questo senso il luogo è multilocale e multivocale, nel senso che esprime significati polisemici a seconda degli utenti. Sarebbe interessante approfondire come cambi il senso dei luoghi dal punto di vista degli abitanti del posto, di chi ha familiarità con essi, come vengano percepite le restrizioni nell’uso degli spazi e l’appropriazione di questi da parte di altri soggetti, il popolo del festival appunto.

Da questa pluralità di elementi e di piani individuati emerge come, oltre agli ambiti della musica e dello spettacolo che caratterizzano il festival, vi siano una complessità e un’intersecazione di settori, che comprendono non solo il piano socioeconomico ma anche quello culturale e mass-mediatico e soprattutto, come si è voluto porre in evidenza in questo scritto, quella dimensione dell’immaginario che ha contribuito alla creazione di quel “senso del luogo” che, nel tempo, si è legata all’evento e ne è diventata parte costitutiva.

Bibliografia

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https://www.poliradio.it/news/501/sanremo-2020%3A-il-festival-dell%27imprevedibile (cons. 10/10/2020)



[1] Per la prima volta dopo 64 anni anche l’Eurovision Song Contest, che è nato nel 1956 sulla scia del festival di Sanremo, è stato cancellato e la competizione, che doveva avere luogo nel mese di maggio a Rotterdam, è stata spostata nel 2021.

[2] I Festival Territoriali possono rientrare tra i Beni Comuni Culturali, in quanto risposta ai bisogni della comunità che vive i luoghi [Magnaghi 2012, 25]. Pertanto in questa fase la brusca interruzione di eventi già programmati, la difficile ripresa e in ogni caso le norme di contingentamento negli afflussi, hanno inserito quei luoghi dapprima in un tempo sospeso e poi nella situazione di doversi reinventare e dover riprogrammare le loro strategie.

[3] Rimando alla distinzione tra liminare e liminoide, che si riferisce alla teoria di Turner, secondo il quale lo stato liminoide è proprio delle società contemporanee e non è identico al liminare perché comprende componenti libere e spontanee, autonome e dotate di potenzialità critica, in quanto implica la libertà di scelta [Turner 1986, 54-57].

[4] Se si include nell’atmosfera del festival anche lo spazio del viaggio per spostarsi dal luogo abituale al luogo dell’evento, o anche le feste all’aperto con danze, questa dimensione della liminarità e del costituirsi di comunità transitorie è particolarmente evidente.

[5] Il primo ideatore fu Amilcare Rambaldi, che era stato partigiano ed era amante della musica. Egli fu nominato nella commissione tecnico-artistica del casinò che voleva promuovere iniziative per richiamare il pubblico. Particolarmente proficuo fu poi l’incontro tra il direttore delle manifestazioni del casinò di Sanremo, Angelo Nicola Amato e il conduttore radiofonico Angelo Nizza, assiduo frequentatore delle sale giochi, poiché questi riuscì a trovare un accordo con l'EIAR (futura RAI) che all’epoca aveva sede a Torino.

[6] Sull’importanza della televisione e sul modo in cui le tecnologie della comunicazione influenzano le nostre relazioni quotidiane riducendo le distanze tra i gruppi sociali e tra la gente comune e il mondo dello spettacolo, attori e cantanti, cfr. Massey, Jess 2006; più in particolare sul ruolo che hanno avuto i media nella società italiana rispetto alla costruzione e determinazione dell’identità nazionale cfr. Colombo, Eugeni, 2015. In particolare si veda il saggio di Lanotte 2015, dedicato all’analisi delle trasformazioni della scena musicale a partire dagli anni Cinquanta, dalla quale emerge il ritratto di un paese alle prese con le sfide della modernità e della democrazia.

[7] Appena Modugno inizia a cantare il ritornello, spalancando le braccia come in un gesto liberatorio, in sala il pubblico si alza in piedi accompagnando la canzone e decretandone il successo, poi confermato dalla giuria. Sulla stampa di quei giorni la canzone viene infatti definita: la «più nuova, più originale e più estrosa di questo Festival: estrosa nella musica, […] ed estrosa nel soggetto» [«Corriere della Sera», 31 gennaio 1958]; «la canzone di gran lunga migliore» [«L’Unità», 2 febbraio 1958]; «una vera cannonata» [«Il Mattino», 1 febbraio 1958]. [Campus 2011 ,523].

[8] Quest’iniziativa si richiama a un progetto partito qualche anno fa a Sant’Arcangelo di Romagna e poi nella regione con luminarie che riprendevano testi di grandi poeti e cantautori, come la canzone di Lucio Dalla a Bologna.

[9] Stando ai dati ufficiali, comunque, Sanremo è diventato il programma, in streaming, «più visto di sempre », in diretta dall’apposita piattaforma Rai, almeno da quando esiste uno strumento analogo all’Auditel ma dedicato all’online (ovvero dal maggio 2019): nel complesso la trasmissione è stata vista per un totale di 361mila ore. Anche suYouTube il Festival avrebbe fatto nel 2020 meglio che negli anni precedenti, facendo registrare un +38% rispetto alle visualizzazioni del 2019 per un totale di oltre 2,5 milioni. Per la prima volta con questo #Sanremo2020, comunque, il Festival della Canzone Italiana è sbarcato anche su TikTok. https://www.insidemarketing.it/sanremo-2020-commenti-sui-social-e-streaming/.

[10] Una iniziativa, da parte di ignoti, che fa sorridere in un momento difficile per tutti. (La Stampa 14 marzo 2020).

[11] In edizione precedenti anche altre piazze sono state teatro-palcoscenico di eventi musicali, nel 2020 si è preferita la soluzione di interventi musicali diffusi nella strada principale durante le ore pomeridiane.

[12] L'iniziativa Tra Palco e Città, come ricorda il Presidente di Rai Pubblicità e coordinatore del progetto Antonio Marano: «È un’evoluzione quasi dovuta del festival, con la volontà di ampliarlo nell’obiettivo di rendere il festival da evento televisivo a evento territoriale e cross-mediale». Cfr. https://www.poliradio.it/news/501/sanremo-2020%3A-il-festival-dell%27imprevedibile

[13] Il 13 ottobre 1990 il Mercato dei Fiori si trasferì nella nuova sede di Valle Armea, seguito alcuni anni dopo dal Mercato ortofrutticolo all’ingrosso che aveva sede all’ultimo piano dell’edificio con accesso da via Volta.

[14] Dal dicembre 2014 questa struttura è gestita dal Polo museale della Liguria, nel dicembre 2019 divenuto Direzione Regionale Musei.

[15] Di Dalida è esposto il celebre abito rosso preparato per l’edizione del 1967 e mai indossato, dopo il suicidio di Luigi Tenco.

[16] Il festival si è svolto dal 1951 al 1976 nel Salone delle Feste del Casinò e dal1977 ad oggi al teatro Ariston. Solo un anno, nel 1990, fu portato fuori dall’Ariston a Valle Armea per dare più enfasi allo spettacolo televisivo, ma questo suscitò reazioni negative negli abitanti e nei commercianti, come se il festival fosse stato sottratto alla città.