Daniel Miller, Elisabetta Costa, Nell Haynes, Tom McDonald, Razvan Nicolescu, Jolynna Sinanan, Juliano Spyer, Shrimam Venkatraman, Xinyuan Wang, Come il mondo ha cambiato i social media, Edizione italiana a cura di Gabriella D’Agostino e Vincenzo Matera, Ledizioni, Milano 2018, pp. 337. ISBN cartaceo: 978-88-6705-783-2. ISBN e-Book: 978-88-6705-823-5
Nell’introduzione al volume Come il mondo ha cambiato i social media [2018] (edizione originale: How The World Changed Social Media, 2016, UCL Press, London UK) di Daniel Miller, Elisabetta Costa, Nell Haynes, Tom McDonald, Razvan Nicolescu, Jolynna Sinanan, Juliano Spyer, Shrimam Venkatraman e Xinyuan Wang, i curatori dell’edizione italiana, pubblicata nella collana double-blind peer review “Antropologia della Contemporaneità” Ledizioni (Milano), Gabriella D’Agostino e Vincenzo Matera chiariscono subito l’idea sostenuta dagli autori e avvalorata nel corso della ricerca antropologica comparativa da essi condotta: se è chiaro che i social media hanno cambiato il mondo, la questione più interessante da esplorare diventa allora quella relativa al modo in cui il mondo a sua volta li ha cambiati.
Questo stimolante volume riporta, infatti, una comparazione complessiva dei risultati di un’estesa indagine etnografica sui modi in cui la gente usa i social media, dal titolo Why we post, coordinata da Daniel Miller della University College London (UCL) e condotta con altri otto ricercatori che hanno svolto quindici mesi di ricerca sul campo in differenti paesi del mondo quali Brasile, Cile settentrionale, Cina (sia un’area rurale che un’area industriale), India meridionale, Inghilterra, Italia meridionale, Trinidad, Turchia sudorientale. I saggi che compongono il volume ci accompagnano, con un linguaggio fluido che la traduzione dei curatori italiani (Gabriella D’Agostino ha tradotto i capitoli 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9; Vincenzo Matera ha tradotto i capitoli 1, 2, 10, 11, 12, 13, 14) è riuscita a mantenere e con una scrittura semplice e accattivante, a cui fa da contraltare la presenza di note curate e dense di preziosi riferimenti bibliografici, in un ambito ben noto, quello della vita quotidiana delle società contemporanee, sospesa tra online e offline, ma sempre più online o ancora come altri scrivono onlife [Arvidsson, Delfanti 2016]. Viene così, da un lato restituita al lettore una fotografia relativa alla diffusione e pervasività capillare che i social media hanno nel nostro quotidiano [Giaccardi 2012; Matera, Biscaldi 2019], dall’altro vengono evidenziati in modo critico valori e comportamenti culturalmente codificati dentro essi veicolati.
Muovendosi in una prospettiva antropologica, secondo il procedimento decostruttivo proprio di questa disciplina e utilizzando una rigorosa metodologia etnografica, i ricercatori analizzano strategie e modalità di adattamento di ciascun contesto osservato rispetto all’uso dei social media, individuando, in dinamiche culturali proprie di gruppi e sottogruppi di popolazione fondate su valori condivisi, una costante di tutti i siti indagati. Vengono così smontati i più noti luoghi comuni sulle conseguenze della tecnologia digitale, quali per esempio quelli già discussi da altri studiosi [Bauman 2019; Turkle 2019] e relativi all’idea di un aumento dell’individualismo e della solitudine, con conseguente riduzione della socialità, e quindi di una profonda trasformazione della socialità stessa, ma anche quelli di una minore prontezza cognitiva che indurrebbe nella gente, con il dilagare di un certo meccanicismo, azioni già predisposte.
Vengono così proposte interessanti riflessioni sul fatto che i social media, da un lato si muovono in ambiente sociale come il termine composto stesso suggerisce e quindi prendono forma dall’ambiente sociale e ad esso si alimentano, dall’altro hanno il grande potere di ridurre, e in alcuni casi annullare, dimensioni di spazio e tempo. Attraverso i social media modalità di comportamento online e offline si intrecciano e si sovrappongono fino a confondersi per diventare tutt’uno, mentre le interazioni che attraverso essi realizziamo sono sempre più parte integrante e strutturante della nostra vita sociale nella contemporaneità.
Il volume, riassuntivo di un’ampia indagine etnografica a sua volta pubblicata in maniera più approfondita in ben nove monografie corrispondenti ai nove siti della ricerca, si compone di quattordici capitoli suddivisi in due sezioni tematiche. I primi quattro compongono la sezione “Capitoli introduttivi” in cui vengono affrontate questioni generali in merito ai social media e allo studio di essi in ambito accademico, ma anche al metodo utilizzato nella ricerca antropologica presentata, senza dimenticare inoltre i dati quantitativi raccolti. Gli altri costituiscono la sezione “I dieci temi chiave”, in cui vengono invece trattate questioni centrali della vita contemporanea, oggetto di estesa riflessione delle scienze sociali e dell’antropologia culturale, così come emergono dalla ricerca qui presentata e svolta in varie zone del mondo.
Nel primo capitolo, dal titolo Che cosa sono i social media?, questi ultimi vengono considerati come i contenuti - variabili da un luogo all’altro del mondo e che quindi richiedono uno studio comparativo per poter essere compresi - che le persone postano, piuttosto che esclusivamente le piattaforme stesse su cui postano. Si pone così l’accento sul fatto che i social media, non meri strumenti di comunicazione, costituiscono l’ambito entro cui socializziamo e pertanto non sono ascrivibili al “virtuale”, in quanto parte integrante della vita quotidiana, sempre più declinata sull’online. Nel secondo capitolo (Gli studi sui social media) viene ribadita l’esistenza di molti studi sul tema, anche da diverse prospettive disciplinari, che mettono in evidenza del fenomeno, già di suo cangiante e continuamente mutevole, diverse dimensioni. Nel terzo capitolo (Metodo e approccio) viene spiegata la metodologia della ricerca utilizzata, che ha previsto quindici mesi di pratica etnografica per ognuno dei nove contesti scelti, con attenzione alle relative comunità studiate nel tentativo di comprendere i social media dal punto di vista dei differenti utenti. Nel quarto capitolo (I risultati della nostra indagine) vengono presentati i risultati quantitativi raccolti con un questionario somministrato a 1119 informatori nelle nove aree individuate, mostrando anche limiti e necessità di leggere tali dati quantitativi all’interno di una prospettiva significante di tipo qualitativo.
A partire dal quinto capitolo vengono presentati i dieci temi chiave analizzati complessivamente nella ricerca svolta, cominciando con Istruzione e giovani (capitolo 5) in cui viene criticamente esplorato, alla luce delle evidenze emerse, il dibattito in merito agli effetti negativi e/o positivi dei social media sui processi formativi dei giovani. Nel capitolo 6 (Attività lavorativa e commerciale) si riflette sul potenziale controllo dei social media da parte delle aziende, delle nuove possibili forme di mercificazione, ma anche della sorprendente capacità che essi possono avere, al contrario, di sostenere piccole attività imprenditoriali. Nel capitolo 7 (Relazioni online e offline) si discute se le relazioni online, considerate più superficiali, stiano sostituendo quelle più profonde offline, o se piuttosto le interazioni online vadano solo considerate come un aspetto di quelle offline. Nel capitolo 8 (Genere) si pone in evidenza che se i social media visibili al pubblico come Facebook in molti contesti possono diventare un luogo ultraconservatore, altri più privati come WhatsApp hanno avuto invece un grosso effetto liberatorio, per esempio in tema di genere come in alcuni contesti islamici. I social media inoltre potenzierebbero la capacità di vedere in che modo le differenze e gli stereotipi di genere sono rappresentati. Nel capitolo 9 (Disuguaglianza) si discute di come la comparazione mostri quanto sia importante riconoscere che, se da un lato social media e smartphone possono creare un più alto grado di uguaglianza nella capacità di comunicare e socializzare entro società fortemente diseguali, allo stesso tempo ciò può non avere impatto alcuno sulla disuguaglianza fuori dalla rete. Nel capitolo 10 (Politica) si parte dal fatto che nonostante molti studi precedenti abbiano forse esagerato l’influenza dei social media sulla politica, focalizzandosi sugli usi più facilmente osservabili, altrove i post politici sui social stessi possono invece essere prudenti e convenzionali, perché se ne temono gli effetti sulla propria rete di relazioni sociali. Nel capitolo 11 (Immagini visive) viene posto in evidenza che attraverso i social media la comunicazione umana è diventata più visiva, a danno di quella orale e testuale. L’aumento della visibilità è spesso associato con l’incremento del conformismo, ma il poter comunicare per forme visuali si è dimostrato importante invece per coloro che hanno difficoltà a leggere e scrivere. Nel capitolo 12 (Individualismo) emerge come, se da un lato c’è il timore di un aumento di individualismo prodotto dai social media e da altre innovazioni tecnologiche, dall’altro, in molte zone del mondo, i social media stessi possono consentire, piuttosto, un parziale ritorno al precedente gruppo di socializzazione come la famiglia. Nel capitolo 13 (I social media rendono le persone più felici?) si sottolinea quanto lo studio dei social media possa aiutare nella critica di qualsiasi idea semplice o eccessivamente generica di cosa significhi essere felici o dichiarare di esserlo. In proposito si ricorda, anche, però, che i social media hanno sicuramente aumentato la spinta a mostrarsi felici online. Nell’ultimo capitolo (Il futuro) viene discussa la questione dell’inseparabilità dei social media dal nuovo carattere ubiquo degli smartphone in quanto parte della vita quotidiana, suggerendo che più una società è conservatrice tanto più è grande l’impatto dei social media, anche se con l’effetto, spesso opposto e contraddittorio, da un lato di rinforzare conformismi e conservatorismi, ma anche, dall’altro, di cercare nuove opportunità di libertà, come pure la storia recente mostra. Dunque, come per altre tecnologie digitali, si sottolinea in sintesi quanto i social media possano paradossalmente rinforzare tendenze opposte a seconda di circostanze contestuali, dinamiche specifiche e diversi gruppi umani.
Si ribadisce infine, da parte degli autori del volume, ma anche dei curatori dell’edizione italiana, la necessità di continuare a studiare, attraverso ricerche antropologiche sul campo, attente al punto di vista degli utenti, qualitative e comparative, il complesso fenomeno dei social media, per comprendere meglio anche la loro relazione, all’interno di specifici contesti, con quelli che sono i processi di trasformazione sociale e culturale della contemporaneità, pur con alcuni inevitabili limiti, anche metodologici, che proprio ricerche comparative su ampia scala possono talvolta avere, restituendoci concretamente l’utilità di un progetto etnografico come Why we post quale significativo punto di partenza.
Riferimenti bibliografici
Arvidsson A., Delfanti A. 2016, Introduzione ai media digitali. Seconda edizione, Bologna: Il Mulino.
Bauman Z. 2019, Modernità liquida, Roma-Bari: Laterza.
Biscaldi A., Matera V. 2019, Antropologia dei social media. Comunicare nel mondo globale, Roma: Carocci.
Giaccardi C. 2012, La comunicazione interculturale nell’era digitale, Bologna: Il Mulino.
Turkle S. 2019, Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, Torino: Einaudi.