Recensione

Claudio Corvino, Tradizioni popolari di Napoli. Usanze, curiosità, riti e misteri di una città dai mille colori, Newton Compton, Roma, 2017

Gianfranca Ranisio

Università di Napoli Federico II Dipartimento di Scienze Sociali, Napoli, Italy

Claudio Corvino, appassionato studioso di cultura popolare, in questo nuovo testo edito dalla Newton Compton ci introduce nelle tradizioni di Napoli, descrive usanze, rituali, anche aspetti misteriosi di questa città complessa, dalle molteplici stratificazioni culturali, legate alla sua storia. Questa città è stata fatta oggetto di sovraesposizione mediatica non solo per la bellezza del suo paesaggio e dei suoi monumenti ma anche per i suoi lati più oscuri, che spesso ne hanno offuscato l’immagine reale, ha alimentato nel corso dei secoli un vasto repertorio di stereotipi che, talvolta ha essa stessa incorporato e rielaborato. Scrivere su Napoli, fare ricerca su Napoli e sulle sue tradizioni è perciò entusiasmante ma anche pieno di insidie. Claudio Corvino affronta questa sfida e ci dà un’opera che sceglie di descrivere la cultura popolare napoletana attraverso alcune tematiche, distinte per capitolo. In ogni capitolo, che costituisce e può essere letto come un saggio autonomo, sono approfonditi aspetti specifici delle tradizioni popolari.

La novità del testo consiste nella scelta di impostazione: i fenomeni demologici non sono visti solamente come connotati a livello locale ed espressione della cultura del posto e delle sue genti, ma sono inquadrati all’interno di una prospettiva storica di ampio respiro che spazia dal sostrato tardo antico e medievale alla cultura europea moderna, agli scrittori e viaggiatori del Gran Tour sino alla contemporaneità. Il contesto entro cui spazia la trattazione è perciò europeo, come si conviene alla capitale di un regno, che era nel Settecento una delle città più popolose d’Europa.

Il volume si articola lungo un percorso che è ben delineato nel primo capitolo, quando Corvino si sofferma sul calendario rituale e sulla divisione del tempo e delle stagioni presente nelle culture popolari. La trattazione ha inizio con il culto dei morti e delle anime, argomento che consente all’autore di affrontare il tema del rapporto vivi-morti e del dialogo con i defunti, così come è ancora presente nei contesti popolari, ma, allo stesso tempo, di collegare in modo raffinato questo culto alla tradizione medievale e quindi all’istituzione del Purgatorio (Le Goff) e al mito della caccia selvaggia. I morti appaiono in sogno ma quello che è particolare della cultura popolare napoletana è il modo in cui la visione è interpretata e decodificata secondo codici numerici. Si apre così uno spazio molto interessante sul gioco del lotto, considerato come “gioco che ha inglobato parte di riti e miti di un mondo magico-religioso subalterno”(ivi, p.96). In questa prospettiva Corvino riprende le principali teorie sul gioco e sul lotto in particolare riferendosi agli scrittori che lo hanno descritto, tra cui Serao e Marotta e ponendo in evidenza come il lotto rientri tra le forme di sapere identitario. Seguendo questo percorso temporale e rituale i capitoli successivi sono dedicati al Natale, che è a Napoli contrassegnato dalla costruzione del Presepe e dai rumori rituali del periodo Natale-Capodanno. L’autore pone in evidenza come i botti e i fuochi d’artificio che caratterizzano questo periodo, sino ai suoni percussivi per S. Antonio Abate, rispondano ancora a esigenze di comunicazione con il mondo dei morti, anche se oggi appaiono più rivolti ai vivi, mentre i fuochi e le illuminazioni si collegano a un’esigenza diffusa in tutta Europa di illuminare le fredde e buie notti invernali e rimandano pertanto a tradizioni precristiane un tempo diffuse in aree molto vaste del continente.

Le ricorrenze di San Biagio e della Candelora sono ancora legate al periodo invernale, ma rappresentano anche occasioni in cui si chiede la protezione divina e, allo stesso tempo, si cerca di trarre auspici per la stagione che verrà. Di particolare interesse è tuttora la juta a Montevergine dei femminielli in occasione della Candelora; questo argomento permette all’autore di sviluppare un ampio e approfondito saggio sulle figure dei femminielli napoletani e sul loro inserimento nella cultura popolare napoletana, nella quale trovavano una loro collocazione e dalla quale erano accettati nella loro ambiguità. Il Carnevale rappresenta non solo una cerniera temporale tra le feste, i rituali invernali e quelli primaverili ed estivi ma anche tra cultura popolare e istituzioni. Infatti, come nota Corvino, la festa di Carnevale raggiunge a Napoli il suo massimo splendore tra Settecento e Ottocento e si caratterizza come festa funzionale al potere borbonico, che faceva costruire per il popolo i grandi Alberi della Cuccagna e altre imponenti scenografie che riprendevano il tema della Cuccagna.

La Pasqua rappresenta l’inizio del grande rinnovamento stagionale, espresso attraverso le processioni religiose della Settimana Santa e il rito laico dello struscio in via Toledo, seguito dal lunedì in albis che è tuttora caratterizzato dal pellegrinaggio dei fujenti, cui l’autore dedica un capitolo, alla Madonna dell’Arco, presso il santuario, che con gli ex-voto pittorici conservati all’interno documenta la devozione popolare dei napoletani attraverso i secoli.

Tra maggio e settembre si collocano le date più salienti legate al culto di San Gennaro, in quanto il miracolo dello scioglimento del sangue si verifica il giorno precedente la prima domenica di maggio e il 19 settembre, giorno del martirio del santo, mentre la data del 16 dicembre ha meno rilievo. Corvino ricostruisce la storia della traslazione e della notizia del miracolo, attraverso i documenti storici, per poi soffermarsi sulla relazione che si è venuta a determinare nei secoli tra S. Gennaro e la città, che si è affidata alla protezione del santo in varie occasioni, dall’eruzione del Vesuvio alle grandi epidemie dei secoli passati. Al patrono di Napoli, che è anche figura di santo mediatore tra due mondi, mondo dei vivi e mondo dei morti, e all’intreccio dei rapporti tra culto del santo e poteri cittadini l’autore dedica interessanti riflessioni.

Alla fine del percorso incontriamo il capitolo che riguarda le superstizioni dei napoletani, tema che non poteva mancare in un testo così accurato, rivolto sia ai napoletani che a coloro che vogliono conoscere meglio le usanze e gli aspetti anche misteriosi della città, una città che non nasconde ma ostenta gli aspetti superstiziosi, attraverso l’esposizione alla vendita di corni e cornetti di ogni dimensione, da quelli di plastica di pochi soldi sino alle realizzazioni artistiche di Lello Esposito.

La scelta di proporre un percorso rituale, che si snoda attraverso il ciclo calendariale e che analizza il passaggio tra vierne e ‘a staggione, permette di inquadrare quelli che a un osservatore poco informato possono sembrare elementi a se stanti o frammenti disgregati di fenomeni culturali più ampi, all’interno di una prospettiva storica, che colloca la formazione di molti di questi rituali nella particolare rielaborazione che in età medievale fu fatta di riti e miti provenienti dal mondo classico e da un sostrato precristiano. Il testo è ricco di riferimenti bibliografici e citazioni dotte ed è impreziosito dalla riproduzione di stampe d’epoca e di immagini. Corvino, anche con questo volume, si riconferma uno studioso attento, che è in grado di cogliere la cultura popolare nella sua interezza, di individuarne la stratificazione complessa e di saperla comunicare a un pubblico variegato, per cui il testo si può leggere a vari livelli, da quello informativo a quello scientifico.