Recensione

Alberto Baldi, Magie di mare. Fabulazioni e raffigurazioni di antiche paure, Squilibri, Roma, 2015

Eugenio Zito

Università degli Studi di Napoli Federico II Dipartimento di Scienze Sociali, Napoli, Italy

Alberto Baldi, Magie di mare. Fabulazioni e raffigurazioni di antiche paure, Squilibri, Roma, 2015

Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare.

Jorge Luis Borges, Luna di fronte, 1925.

Nel volume Magie di mare. Fabulazioni e raffigurazioni di antiche paure (2015) Alberto Baldi, docente di Antropologia culturale, di Etnografia visuale e nuovi media e di Etnologia presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, analizza il rapporto degli uomini con il mare da un’articolata e originale prospettiva in cui la dimensione magica gioca un ruolo centrale. In particolare lo fa mostrando una spiccata sensibilità visuale, evidente non solo nella costruzione della narrazione antropologica proposta, ma anche attraverso l’elaborazione di una ricca e raffinata sezione iconografica, con relativo puntuale e analitico commentario, che consentono al lettore, restando nella metafora, un “tuffo” negli abissi di mari e oceani, con la loro magia e con la mitografia che da essi si dipana.

Il complesso fenomeno del rapporto tra esseri umani e mare viene indagato in modo accattivante e profondo, mettendo così in evidenza il consolidato percorso di antropologo visuale dell’autore che, a una significativa capacità di documentazione delle culture marinare (Baldi 2015), unisce una spiccata competenza nel campo della museografia etnografica, evidente anche dall’impianto complessivo del lavoro (Pavanello 2010).

Attraverso uno studio di casi esemplari Baldi si sofferma, in particolare, su una lunga tradizione iconografica intorno al mare, da cui risultano sedimentati timori ancestrali ed ataviche paure. Viene restituito al lettore un percorso in cui, in qualche modo, antropologia e arte (Schneider e Wright 2010) si intrecciano in modo sottile e originale, per condurre il lettore, così affascinato, lungo l’itinerario di ricerca culturale tracciato e così proposto, dove, rispetto agli altri sensi, il primato spetta alla visione (Edwards, Gosden e Phillips 2006).

Le distese marine, oggetto delle rappresentazioni contenute nel volume, ricollocate in una cornice prodigiosa e ammaliante, sembrerebbero, poi, per altri aspetti, quasi perdere gran parte della loro originaria impenetrabilità, offrendosi piuttosto come prodotti altamente creativi, frutto di un complesso processo, squisitamente umano, di elaborazione culturale (Turner 1983). Grazie ad alcune sue “addomesticate” messe in scena, l’autore ci ricorda che l’uomo può rivendicare un protagonismo che il mare nei fatti continua tuttavia a negargli, a volte anche in modo tragico.

Come le pagine corredate di certe stimolanti iconografie ci mostrano, dischiudendosi al lettore quale prezioso scrigno pieno di meraviglie, la dimensione magica del rapporto tra uomini e mare ha favorito, in contesti culturali differenti e in epoche diverse, la produzione di universi mitici e di relative pratiche di assoggettamento delle acque marine medesime.

I testi e le immagini che compongono il corposo volume coprono un ampio spazio tematico che va dall’etnografia delle rappresentazioni visive legate al mare, ai pericoli che esso ha rappresentato e alle sue mostruosità, passando per gli ex voto, i rituali antichi e moderni predisposti per arginarne la furia in condizioni di tempesta, fino all’analisi del rapporto che l’uomo contemporaneo ha con il mare, incluso quello “contenibile” e contenuto negli acquari o trasposto in celluloide e dimensioni digitali, senza tralasciare, infine, la mediazione svolta dalla tecnologia.

L’autore sottolinea, fin dalle primissime pagine del suo lavoro, che la relazione con la dimensione marina, per gli esseri umani, in passato come oggi, è spesso caratterizzata da un’intrinseca problematicità riconducibile alla difficoltà di iscrivere il mare stesso in una definita sequenza di pratiche atte a porlo sotto un controllo certo, totale e definitivo.

Il passaggio dalla terraferma al piano instabile della superficie del mare, con le sue sottostanti oscure profondità, ha alimentato nel tempo, negli esseri umani, come per l’Ulisse di Omero, rappresentazioni e raffigurazioni variegate delle acque marine e delle manifestazioni meteorologiche che ad esse possono imporre, con il mutare delle stagioni, condizioni molto differenti, come i due estremi della quiete e della tempesta.

In tali molteplici diverse raffigurazioni l’imponderabilità e il mistero del mare vengono sublimati e anche ricomposti in una dimensione in qualche modo magica e metastorica (de Martino 1948), attraverso cui diviene possibile rielaborare, in chiave rassicurante, la sua potenziale e forte pericolosità.

Alcune immagini proposte raccontano molto di quella conoscenza e di quei saperi pratici sviluppati nel contatto continuo con il mare da parte di alcune popolazioni tradizionali e in particolare di persone dedite alla pesca e alla navigazione che empiricamente, nella storia del loro rapporto con il mare, hanno agito sugli effetti ma non sull’“eziologia” della sua varia “sintomatologia”, cui l’autore più volte fa cenno nel corso del volume.

Altre, riproponendo un mare ingentilito, quasi controllabile e ammansito, rimandano invece a più complesse rappresentazioni, questa volta dettate dalla modernità, che si esplica attraverso una tecnologia contemporanea sempre più evoluta e puntuale, la quale, sostituendosi all’intervento umano, può presumere di “addomesticare” la natura.

Baldi ci fa concretamente sentire, anche attraverso il citato ricco corredo iconografico che compone questo volume, l’umana impenetrabilità e la profonda incomprensibilità del mare che hanno stimolato lo sviluppo di un’intricata trama di strategie percettive, di procedure definitorie e classificatorie e di pratiche contenitive e simboliche che attingono non soltanto ai piani empirico, tecnico e scientifico, ma anche, a volte in modo esplicito, altre in maniera inconsapevole, a un piano magico (de Martino 1959).

Si tratta di un’attitudine squisitamente umana alla ri-significazione del mondo non conosciuto, in questo caso specifico, quello sommerso delle acque marine con il loro simbolico carico di oscurità, mistero e pericolo, in chiave magica, con la conseguente elaborazione di un ricco e variegato universo mitico specialistico, pieno di figure direttamente speculari alla potenza distruttrice delle forze marine, le cui cause generatrici sono rimaste per tanto tempo non spiegabili.

Al fine di esorcizzarne impenetrabilità e pericolo, gli esseri umani hanno posto il mare all’interno di orizzonti magico-religiosi, popolati da paradisi folklorici dove santi e demoni si confrontavano con mostri variamente raffigurati, da domare, potente rappresentazione proiettiva, qui spostata, di paure ancestrali.

Tali magie anche oggi, sotto differenti spoglie - come l’autore fa notare con il ricco ed originale percorso di ricerca culturale proposto - mediano, in qualche modo, il rapporto degli esseri umani con il mare, alimentate anche da una pervasiva industria del tempo libero tesa al consumo di massa e a una profonda trasformazione dei luoghi (Zito 2016) con una colonizzazione della dimensione marina tuttavia secondo logiche terrestri strumentali.

Degna di nota, infine, la cura complessiva del volume e la sensibilità estetica esplicate nella sua composizione, che consentono al lettore che approccia le sue pagine la vivace esperienza sensoriale, per dirla alla David Le Breton con il suo Il sapore del mondo. Un’antropologia dei sensi (2007), di attraversare un variegato arazzo multicolore, la cui trama intreccia narrazioni, descrizioni e immagini su un ordito ideale, dove fluidità linguistica e scorrevole struttura ipotattica danno adeguata evidenza alle emozioni e ai pensieri che agitano l’inconscio umano nel contatto con il mistero e l’oscura profondità del mare.

Il mare, attraverso il lavoro culturale di Baldi, diventa un seducente idioma che il lettore, per capovolgere il pensiero di Jorge Luis Borges riportato in epigrafe, può tentare, a livello sensoriale e simbolico (Taussing 1992), di decifrare, con la possibilità di esperire, in questo viaggio a metà strada tra antropologia e arte (Schneider e Wright 2010), la meraviglia di sentire battere il proprio cuore all’unisono con quello del ricercatore (Behar 1997), incantato dalla sua meraviglia e dalla sua magia e rapito dal suo insondabile mistero.

Riferimenti bibliografici

Baldi A. 2015, Mari discordi. Per un’antropologia delle pratiche e delle rappresentazioni, Milano: Franco Angeli.

Behar R. 1997, The Vulnerable Observer: Anthropology that Breaks your Heart, Boston, MA: Beacon Press.

Borges J.L. 1975, Luna di fronte, in Borges J.L. 1975, Carme presunto e altre poesie, Torino: Einaudi, (I ed. 1925).

de Martino E. 1948, Il mondo magico, Torino: Universale Scientifica Boringhieri.

–– 1959, Sud e Magia, Milano: Feltrinelli.

Edwards E., Gosden C., Phillips R.B. 2006, Sensible Objects. Colonialism, Museums and Material Culture, Oxford-New York: Berg.

Le Breton D. 2007, Il sapore del mondo. Un’antropologia dei sensi, Milano: Raffaello Cortina Editore.

Omero 2014, Odissea, Torino: Einaudi.

Pavanello M. 2010, Fare antropologia. Metodi per la ricerca etnografica, Bologna: Zanichelli.

Schneider A., Wright C. (eds.) 2010, Between Art and Anthropology: Contemporary Ethnographic Practice, Oxford-New York: Berg.

Taussig M. 1992, Mimesis and Alterity: A Particular History of the Senses, New York: Routledge.

Turner V.W. 1983, Liminal to liminoid, in play, flow, and ritual: an essay in comparative symbology, in Harris J.C., Park R. (eds.) 1983, Play, games and sports in cultural contexts, Champaign: Human Kinetics Publisher, 123-164.

Zito E. 2016, ‘Era di pietra la sua bellezza…’. Capri, mitografia di un luogo, «EtnoAntropologia», 4 (2): 267-302.