L’affermazione delle scienze etno-antropologiche in Ucraina

I presupposti e le attività della Società Scientifica Ševčenko

Tamara Mykhaylyak

Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Sociali

Table of Contents

I contesti storici e politici, culturali e scientifici in cui si originò e operò la Società Scientifica Ševčenko
Ricercare, comunicare, divulgare: il fondamentale e centrale ruolo scientifico svolto dalle riviste edite dalla SSS
La Commissione etnografica quale importante strumento di metodo per le indagini della SSS
Bibliografia

Abstract. The essay seeks to portray the role played by the Shevchenko Scientific Society in the development of the Ukrainian ethnography with a special focus on scholarly research and the extensive publishing activity carried out by its members. Furthermore, it will examine the task of the Ethnographic Commission, an institution created to outline the steps of scientific advances and chart the way forward for the then emerging practice of ethnographic studies. The interplay between specialised publishing and the role of a supervising commission allowed for the Ukrainian culture to cross national borders and distinguish itself internationally for its exclusive and unique elements.

Keywords. Società Scientifica Ševčenko, etnografia, antropologia, Ucraina.

Dedichiamo questo contributo ai percorsi della Società Scientifica Ševčenko (SSS), argomento di una ricerca più ampia sugli esordi e gli sviluppi delle discipline antropologiche in Ucraina, dal Diciottesimo secolo agli anni Venti del Ventesimo.

La Società Scientifica Ševčenko è un’organizzazione ante litteram dell’Accademia nazionale delle scienze dell’Ucraina, costituita a Leopoli nel 1873. Inizialmente concepita come un sodalizio di natura prevalentemente letteraria, prende il nome da Taras Hrygorovyč Ševčenko, poeta e scrittore, le cui opere sono considerate i pilastri della moderna letteratura ucraina. Successivamente è divenuta invece un importante catalizzatore, capace di unire intorno a sé storici, matematici, medici, filologi, folkloristi ed etnografi che con le loro ricerche hanno promosso e sostenuto la cultura ucraina.

Analizziamo qui il ruolo svolto dal sodalizio nello sviluppo dell’etnografia ucraina soffermandoci inizialmente sull’ampia attività editoriale avviata dai soci della SSS, per passare successivamente a funzioni e obiettivi della Commissione etnografica, un organo istituito al fine di indirizzare e programmare il cammino delle allora nascenti discipline antropologiche.

L’operato della commissione, legato principalmente alla definizione di obiettivi e metodi per organizzare la ricerca di campo e la successiva sistematizzazione di dati e materiali raccolti si salda a una editoria, sempre gestita dalla SSS, che si assume il compito di valorizzare sul piano scientifico e divulgativo gli esiti delle indagini. Scopo precipuo del sodalizio e di tali suoi organi è lo studio della cultura del popolo ucraino affinché possa essere meglio conosciuta in patria ma anche all’estero distinguendosi in virtù di tratti peculiari e di proprie specificità.

Ci pare opportuno delineare in prima battuta un quadro sintetico della situazione geopolitica ucraina e dei suoi mutamenti sul cui sfondo la società nacque e operò nel tempo, fino ai giorni nostri.

I contesti storici e politici, culturali e scientifici in cui si originò e operò la Società Scientifica Ševčenko

La società nacque in un periodo storico particolare: l’Ucraina era divisa tra due grandi imperi, le zone occidentali appartenevano all’Impero austro-ungarico, mentre le terre dell’est erano sotto il dominio della Russia zarista, motivo per cui la popolazione ucraina non aveva un’unica identità nazionale. A partire dalla metà dell’Ottocento si determinarono però dei cambiamenti: andò via via maturando un nazionalismo sostenuto da intellettuali progressisti, in particolare da poeti, scrittori e storici, nonché da esponenti della piccola borghesia cittadina che si impegnarono, attraverso un movimento sociopolitico, a costruire una nuova nazione ucraina.

In riferimento al contesto politico, va detto che il governo asburgico, rispetto a quello zarista, aveva maggior tolleranza verso il movimento nazionale ucraino, in quanto non lo considerava come una minaccia al proprio potere. In Russia la situazione era differente a tal punto che furono introdotte delle politiche di russificazione contro la lingua lituana, bielorussa e ucraina. A tal proposito lo storico austriaco Andreas Kappeler scrive:

[...] il governo e la maggioranza dell’opinione pubblica in Russia erano adesso dell’idea che i governatorati occidentali fossero «russi sin dai tempi antichi» e che dovessero «ripristinare nel paese la nazionalità russa e l’Ortodossia». Non solo i Bielorussi e gli Ucraini, ma persino i Lituani venivano considerati «Russi occidentali» o «Piccoli Russi», cioè parti del popolo russo che andavano protette dai Polacchi. Dopo la rivolta polacca, i movimenti culturali di risveglio nazionale di Bielorussi, Ucraini e Lituani, a lungo visti con simpatia da parte russa, assunsero un nuovo significato politico, venendo definiti dalla stampa russa «intrighi polacchi» o «gesuitici» [...] [Kappeler 2006: 233].

Nell’estate del 1863 il ministro degli interni russo Pëtr Aleksandrovič Valuev siglò la circolare con la quale venne vietata la pubblicazione dei libri scritti in ucraino e in particolare dei testi pedagogici e religiosi; successivamente si aggiunse anche il divieto di stampare i libri in bielorusso e lituano. La situazione peggiorò notevolmente con l’entrata in vigore dell’Emskij ukaz del 1876, un provvedimento legislativo che potenziò la repressione contro l’uso della lingua ucraina, proibendo le importazioni dei libri dalla Galizia, le rappresentazioni teatrali e i concerti. Il divieto aveva inferto un duro colpo al movimento patriottico, rendendo difficoltosa l’istruzione popolare e la comunicazione nella lingua nazionale.

Per i nazionalisti ucraini che vivevano invece nel Regno di Galizia e Lodomiria, la situazione era meno grave, in quanto, come già detto, le autorità austro-ungariche erano più liberali nei loro confronti. Tali condizioni favorirono la nascita ed il conseguente sviluppo della SSS che agli inizi voleva contrastare i divieti dell’impero zarista, attraverso la propagazione della letteratura ucraina. Ricevuti dei sostegni finanziari da alcuni mecenati[1] che avevano a cuore la cultura del proprio popolo, venne acquistata una tipografia per pubblicate in lingua ucraina ricerche storiche e folkloriche, raccolte di favole, poesie, racconti e tante altre opere letterarie. Dal 1874 fino al 1892 vide la luce una cinquantina di libri e di brochure sui più svariati argomenti. La SSS divenne dunque un porto sicuro dove la lingua ucraina poté trovare il suo riparo.

Se il primo periodo della società è caratterizzato prevalentemente dall’attività letteraria, le cose cambiano a partire dal 1892, anno in cui viene approvato un nuovo statuto; la SSS si trasforma di fatto in una accademia delle scienze multisettoriale. Il sodalizio appena riformato ha due ambiziosi compiti, da un lato investire molto nella formazione di nuove leve per cercare di colmare il divario tra le scienze ucraine e quelle europee e dall’altro presentare e divulgare storia e cultura nazionale al mondo esterno, in qualità di pressoché unico rappresentante ufficiale della scienza ucraina. A tal fine la struttura della SSS viene suddivisa in tre principali settori: storico-filosofico, filologico ed infine matematico-naturalistico-medico; ogni sezione si dota di apposite commissioni con il compito di potenziare e accrescere il proprio sapere scientifico [Kupčyns’kyj 2010: 204].

Dal 1892 al 1913 l’attivista politico Mychajlo Serhijovyč Hruševs’kyj ricopre la carica di presidente della SSS. Questo periodo viene considerato il più florido nella storia della società. Assieme a Hruševs’kyj nella direzione e nel varo di attività e iniziative della società troviamo pure Ivan Jakovyč Franko, a capo della sezione filologica, noto poeta, storico nonché pubblicista e Volodymyr Mychajlovč Hnatjuk, etnografo che assume anche il ruolo di segretario scientifico. Grazie al lavoro intrapreso da questo instancabile trio vengono avviati programmi per la raccolta di materiali e documenti etnografici, organizzate esplorazioni nelle varie regioni ucraine, pubblicate monografie e collane scientifiche di varia tematica. Si promuove inoltre l’acquisto dei locali per ospitare il museo, la biblioteca[2] e l’archivio.

Fig. 1. L’edificio della Società Scientifica Ševčenko a Leopoli.

La prima guerra mondiale interrompe l’attività della SSS, molti degli associati partecipano al conflitto e purtroppo alcuni di loro non faranno ritorno a casa. Nel dopoguerra il sodalizio riprende il lavoro, nonostante sopraggiunte difficoltà dovute a forti ristrettezze finanziarie e alla mancanza di nuove leve qualificate. La situazione peggiora quando nel 1919 il territorio della Galizia viene occupato dall’esercito polacco; in un clima di ostilità politica, tanti studiosi decidono di lasciare Leopoli. Il susseguirsi di questi drammatici eventi infligge un ulteriore duro colpo alla vita del sodalizio, lasciando irrealizzati molti obiettivi e progetti. L’attività della SSS continua comunque fino alla fine degli anni Trenta interrompendosi bruscamente a seguito dell’arrivo dei bolscevichi nel 1940. La sede e la biblioteca della SSS vengono distrutte, le collezioni etnografiche, divise e sparpagliate tra varie strutture museali. Molti soci cercano riparo all’estero, altri scompaiono nelle purghe staliniane.

Nel 1947 a Mittenwald di Baviera, grazie all’iniziativa di alcuni associati storici, viene organizzato un congresso dove si decide di rinnovare l’attività della società in Europa occidentale. La cittadina francese di Sarcelles diventa il nuovo centro europeo del sodalizio. Tra i compiti prioritari dell’organizzazione spicca come sempre l’editoria e dal 1952 al 1997, la nuova SSS dà alle stampe il periodico Visti Naukovoho tovarystva imeny Ševčenka v Evropi (Le Notizie della Società scientifica Ševčenko in Europa), mentre tra il 1963 e il 1988 viene pubblicata la rivista Visti z Sarselju (Le Notizie da Sarcelles) e anche terminata l’enciclopedia dedicata agli studi sulla cultura ucraina.

In coincidenza ancora con la “rinascita” del sodalizio in Baviera, sempre alla fine degli anni Quaranta, ulteriori spinte migratorie portano alcuni studiosi ucraini a trasferirsi anche al di fuori dal continente europeo, dove fondano tre importanti succursali della Shevchenko Scientific Society tutt’ora attive. La prima nasce a New York nel 1947, la seconda, l’anno dopo, inaugura la sua sede in Canada e nel 1950 un’altra filiale apre i battenti in Australia. Durante gli anni del regime sovietico, i membri della SSS raccontano e promuovono la cultura ucraina all’estero, non soltanto tra i propri concittadini che, vivendo lontani dal patrio suolo, iniziano a dimenticare la loro storia e le loro tradizioni, ma anche attraverso la partecipazione a molteplici congressi, mostre e meeting interculturali. Il 1989 segna il crollo del comunismo in Europa orientale ed è l’anno in cui la SSS riprende finalmente la sua attività a Leopoli, dotandosi di nuove sezioni scientifiche e aprendo sedi distaccate in più di dieci città ucraine [Kupčyns’kyj 2010: 210-212][3].

Ricercare, comunicare, divulgare: il fondamentale e centrale ruolo scientifico svolto dalle riviste edite dalla SSS

La SSS si prefigge dunque il compito di studiare, conservare e valorizzare con alterne vicende le culture tradizionali ucraine. Gli studi di folklore promossi dal sodalizio sono preminenti; a essi si affiancano in misura minore ricerche ascrivibili all’antropologia fisica. Trattandosi in ogni caso di indagini che prevedono esplorazioni e attività di terreno, nonché, in seconda battuta procedure finalizzate a identificazione e classificazione dei dati, nasce in seno alla società un’attenzione alle metodologie di cui, come diremo più avanti, si farà esplicito carico un organo a ciò deputato, la Commissione etnografica.

Vera e insostituibile colonna vertebrale dell’importante sodalizio è però un originale network di molteplici riviste pubblicate sotto la sua egida e da esso controllate. Hanno il compito di far “lievitare” le ricerche di campo, di rileggere i materiali in una prospettiva comparativa, di darne interpretazioni sul piano storico e culturale. Sono altresì l’indispensabile piattaforma che consente la circolazione e la diffusione delle informazioni, il confronto e il dibattito, la memoria scientifica della SSS.

Il percorso scientifico intrapreso dall'associazione, in particolare quello etnografico, è quindi ampiamente documentato sulle pagine dei suoi periodici[4] e su collane specializzate. Oltre alle due principali riviste Zapyski Naukovoho tovarystva imeny Ševčenko e Chronika Naukovoho tovarystva imeny Ševčenka, in seguito, ci soffermeremo anche sui periodici Etnografičnyj zbirnyk e Materyjaly do ukrajins’ko-rus’koji [5], appositamente istituiti per dare spazio agli studiosi ucraini e alle loro ricerche in ambito antropologico. Oltre all’editoria etnografica, è doveroso aggiungere che il sodalizio aveva pubblicato anche il quotidiano Dilo (1880-1939), il bimensile Zorja (1885-1897), il notiziario di letteratura e scienza Literaturno-naukovyj vistnyk (1898-1913), la collana in ventidue volumi dedicata alla storia ucraina Džerela do istoriji Ukrajiny-Rusy, e tanti altri scritti, opere e trattati, dai contenuti di vario genere. Questa imponente produzione conferma l’esistenza di un significativo fermento scientifico-culturale in Ucraina occidentale, soprattutto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi Novecento [http://ntsh.org/history/].

Ricordiamo che anche nell’Europa occidentale, nello stesso periodo, si registra l’incremento del numero delle riviste etnografiche, per esempio in Italia, come scrive Alberto Cirese:

Tra i prodotti positivi di questa fase vanno segnalate innanzi tutto le riviste demologiche nazionali o regionali che si aggiunsero all‘Archivio di Pitrè e Salomone-Marino. Oltre alla […] Rivista delle tradizioni popolari italiane di A. De Gubernatis (RTPI 1893-95), si ebbero infatti a Napoli le 11 annate di Il Giambattista Basile (GBB 1883-1910), a Monteleone Calabro le 12 annate di La Calabria (CAL 1890-1902), a Roma i tre volumetti di Il Volgo di Roma (VDR 1890-1901), ad Arezzo le due annate del Niccolò Tommaseo (NT 1904-1905), a La Spezia i fascicoli dell’Archivio per la Etnografia e la Psicologia della Lunigiana, che ebbe una sporadica ripresa dopo la prima guerra mondiale […], e infine a Roma, con carattere nazionale e come organo della Società di Etnografia Italiana, la prima serie di Lares [Cirese, 1972: 175].

In Francia, invece, come nota Filippo Zerilli:

[Nacque] nel 1890, L'Anthropologie, una nuova rivista che avrebbe riunito tre pubblicazioni preesistenti dedicati rispettivamente alla preistoria, all'etnografia e all'antropologia anatomica [...]. Nondimeno, esisteva [...] una importante messe di dati etnografici prodotta da viaggiatori, medici, antropologi, amministratori e funzionari coloniali, disseminata in riviste geografiche e antropologiche, oltre che nella fiorente pubblicistica coloniale, ben esemplificata da testate come Le Tour du Monde o La Dépêche coloniale [Zerilli, 1998: 29-30, 81].

Tornando dunque al più importante periodico Zapyski edito dal 1892, fondamentale per il suo sviluppo, è il contributo del già sopra citato Hruševs’kyj; durante la sua ventennale redazione furono stampati centosette volumi.

Le tracce della rilevanza che assume l’etnografia all’interno dell'associazione sono già rinvenibili nelle prime uscite del periodico. Nel secondo volume, per esempio, si trovano dei riferimenti all’adunanza del 1893, dove uno dei partecipanti, avanza la proposta di far stampare il periodico con cadenza trimestrale e suggerisce anche di istituire una testata appositamente dedicata alle ricerche etnografiche [S.a. 1893: 186]. Le pagine di Zapyski propongono al pubblico numerosi saggi di natura demo-etno-antropologica. Ogni numero è inoltre arricchito da un’ampia rassegna che informa il lettore sugli argomenti trattati dagli altri periodici, sulle ricerche degli studiosi ucraini, sui risultati delle spedizioni e degli scavi archeologici. Ricordiamo per esempio una nota informativa del sesto volume, dove vengono descritti i gioielli e alcuni utensili in terracotta, rinvenuti nelle tombe di un cimitero nei pressi del villaggio Čechiv in Galizia [Hruševs’kyj 1895: 12]. Vengono pubblicate anche notizie relative a scoperte e innovazioni nel mondo scientifico europeo dando informazioni sintetiche su congressi, mostre e altri eventi similari.

Le ricerche etnografiche proposte nella rivista sono di vario genere: si va dalla descrizione di riti religiosi e usanze tradizionali dei popoli di montagna, alla raccolta e interpretazione di canti e proverbi nelle varie regioni ucraine. Vi sono anche lavori dedicati alla ricostruzione della vita quotidiana dei cosacchi, che non rivestono però un interesse soltanto scientifico. I cosacchi, anche al giorno d’oggi, sono considerati simbolo della libertà e dell’indipendenza ucraina, avendo combattuto contro l’Impero ottomano, difeso i valori della chiesa ortodossa e lottato contro il dominio della nobiltà polacca. Essendo stati sempre amati dal popolo, non è un caso quindi che anche i ricercatori si siano fortemente interessati alla storia di questo popolo guerriero per la forte valenza simbolica della loro cultura. Lo stesso Hruševs’kyj nella rubrica Miscellanea, dedica alcuni brevi saggi ai cosacchi, in particolare ai loro rapporti con il castellano di Kiev [Hruševs’kyj 1895: 5]. Un altro interessante studio sui cosacchi è pubblicato dall’etnografa e storica Elena Petrivna Radakova che indaga in merito alla partecipazione dei cosacchi alla costruzione del canale di Lagoda, situato nel nord ovest della Russia europea. L’indagine si basa sui documenti rinvenuti nell’archivio di Charkiv ed è corroborata da fonti folkloriche, nello specifico dal ritrovamento di una canzone popolare, il cui testo rivela le sofferenze e la malinconia degli uomini costretti a lavorare lontani dalla propria terra [Radakova 1896: 1-20].

La rivista Zapyski propone anche contributi riassuntivi di ricerche svolte sul territorio ucraino da studiosi stranieri, ad esempio lo storico austriaco Raimund Friedrich Kaindl interessatosi alle popolazioni della Galizia e della Bucovina. Negli anni, aveva compiuto numerosi viaggi in queste regioni, mettendo insieme preziose informazioni sul fidanzamento, sul matrimonio, sull’educazione dei bambini, sulle credenze e sulle superstizioni popolari, raccogliendo anche una significativa collezione di utensili domestici. Successivamente il pubblicista Myron Mychajlovč Korduba, scrisse un saggio riassuntivo delle ricerche di Kaindl, riconoscendo il suo considerevole contributo all’etnografia ucraina [Korduba 1896: 1-10].

La rivista offre dunque ampio spazio agli studi sul folklore ucraino; il già menzionato Hnatjuk, nel sedicesimo volume, pubblica un saggio relativo a un manoscritto di fiabe rinvenuto nel villaggio di Chitar, nella Galizia meridionale. Lo studioso cerca di rintracciare elementi comuni ad altre fiabe da lui raccolte ed approfondisce l’introduzione del linguaggio popolare nella letteratura ucraina [Hnatjuk 1897: 3-4]. Di notevole interesse è anche la sua ricerca riguardante la quotidianità delle colonie rutene[6] situate in Bačka[7]. L’autore descrive le loro festività religiose e i riti matrimoniali, riportando i testi di alcune canzoni; fa inoltre una panoramica sullo stato socio-economico di queste colonie, focalizzando la sua attenzione sui mestieri, sul divario tra ricchi e poveri, sui modi di vestirsi e sulle tecniche per la costruzione delle abitazioni [Hnatjuk 1898: 1-58].

Dalle pagine del periodico veniamo a sapere anche delle problematiche connesse alle metodologie di indagine e all’insufficienza di ricercatori specializzati da impiegare sul terreno. Nel 1885 al fine di arricchire l’archivio etnografico del sodalizio, si finanziano le spedizioni in Ungheria di due giovani etnografi Hnatjuk e Rozdil’s’kyj; essi si debbono appoggiare ai collaboratori della società presenti in diverse provincie ucraine ai quali viene fornito un programma per la raccolta dei dati. Giungono in tal modo a Leopoli nuovi materiali etnografici. In linea di massima, in un numero frequente di casi, le informazioni su dati e documenti rinvenuti erano di attendibilità relativa con discordanze nella loro descrizione e catalogazione. La redazione di studi e saggi che si sarebbero dovuti basare su codesti materiali procedeva perciò a rilento. La mancanza di esperti sia sul terreno che addetti a corrette procedure di classificazione ritardava sovente l’uscita della rivista. In seguito, un fondamentale contributo a identificazione e inventariazione dei dati raccolti, fu dato dal già ricordato Franko e dall’antropologo Fedir Kindratovyč Vovk, ai quali vennero affiancati altri giovani studiosi [Hruševs’kyj 1896: 10].

Altra valida testimonianza del crescente interesse etnografico da parte degli associati della SSS era la Chronika. Dal 1900 al 1914 si contano cinquantanove uscite contenenti notizie sulla parte gestionale ed organizzativa del sodalizio: bilanci annuali, verbali delle assemblee, elenchi dei soci, descrizione dell’attività editoriale, riepilogo delle donazioni e infine, molteplici rendicontazioni sull’acquisizione di reperti museali e di libri per la biblioteca. Questa rivista aveva il compito principale di informare i lettori sui costanti progressi fatti dagli studiosi ucraini e sul progredire dei rapporti che il sodalizio aveva instaurato con le altre organizzazioni scientifiche e culturali. Interessanti sono i contenuti della rubrica dedicata ai necrologi, dove oltre alla commemorazione dei soci scomparsi, spesso si proponeva anche un’attenta valutazione del loro percorso di studi e veniva stimato il contributo lasciato alla scienza ucraina. Tra questi necrologi possiamo ricordare quello dedicato al primo anniversario della morte di Vovk, considerato il padre dell’antropologia ucraina, a cui va il merito di aver diretto alcune esplorazioni nelle terre montane della Hucul’ščyna, Bojkivščyna e Bukovyna, eseguendo per la prima volta le misurazioni antropometriche su un campione di circa 1150 persone. Il sodalizio auspicava di poter raccogliere tutta la sua eredità scientifica e tradurla in lingua ucraina, dato che sue numerose pubblicazioni, erano in lingue straniere [S.a. 1918: 120-125].

Nel Novecento, nel periodo tra prima e seconda guerra mondiale, le pagine di Chronika non sono più così ricche di materiale etnografico, in quanto le spedizioni diventano più rare. Si impoverisce inoltre la corrispondenza con i collaboratori locali, che precedentemente, attraverso questionari e programmi di raccolta, nutrivano l’accrescimento dell’archivio etnografico. Le poche esplorazioni che si riesce a organizzare, non vengono successivamente approfondite con saggi e tavole rotonde che rendano conto dei materiali raccolti. È evidente un allontanamento dalle tradizionali metodologie di lavoro, assunte dalla SSS all’inizio della sua attività. Se in precedenza si cercava di raccogliere quanti più dati possibili sul terreno procedendo ad una loro successiva e congrua valutazione, ora invece la mancanza di finanziamenti e la difficile situazione politica, impediscono o limitano gli spostamenti degli studiosi, costringendoli quindi a lavorare con materiale già raccolto nel passato da altri colleghi. Le loro relazioni, presentate durante le sedute del sodalizio, vengono soltanto elencate nella rivista, anziché essere analizzate e accompagnate da recensioni e raccomandazioni.

Nonostante il fatto che le ultime uscite di Chronika contengano pochi dati riguardanti il lavoro etnografico, il periodico permette comunque di far luce su percorsi e modalità di cumulazione e sfruttamento delle conoscenze scientifiche acquisite all’interno della SSS, in un periodo storico assai complesso per il destino dell’Ucraina [Konta 2013: 278-281].

Un altro periodico del sodalizio, specificamente dedicato alle nascenti discipline demo-etno-antropologiche, è Zbirnyk, pubblicato con cadenza annuale dal 1895 al 1914, ma in anni particolarmente densi di contenuti con uscite doppie. In totale quindi vengono stampati trentasei volumi destinati ad accogliere il materiale folklorico ed etnografico proveniente da tutte le regioni del paese e dalle colonie ucraine degli stati confinanti. Per ovvi motivi geopolitici, la maggior parte delle ricerche si concentra sulle zone dell’Ucraina occidentale. Si spazia dalla poesia alla narrativa popolare, dagli studi mitologici a quelli storico-comparativi. Le indagini etnografiche, considerata la grande fame di notizie e di reperti riguardanti la cultura popolare, avvengono attraverso esplorazioni. Per quel che riguarda le fonti orali si cerca di riportarle con rigore, mediante trascrizione fonetica. I volumi inoltre, sono accompagnati da saggi introduttivi citanti gli elenchi degli informatori, i luoghi di origine del materiale e la bibliografia. La maggior parte di questi volumi è a cura di Hnatjuk e Franko. Tale preziosa collana rimane tutt’ora un’importante fonte per gli studiosi del folklore ucraino, in quanto contiene raccolte di canti e preghiere di musicisti itineranti, spartiti di canzoni popolari, aneddoti, proverbi e fiabe divise per tematiche e regioni.

Fig. 2. La tabella raffigura una grande varietà di pysanky raccolte da M. M. Korduba. Ogni colore ha vari significati: il rosso simboleggia il sangue, la vita e l’augurio di un felice matrimonio, il giallo rappresenta il sole, la gioia e la speranza, il verde è associato alla rinascita e alla primavera, il nero invece fa riferimento alla vita nell’aldilà, alle cose oscure e ignote.

Fig. 3. Anche questa tabella, come la precedente, raffigura una varietà di pysanky raccolte da M. M. Korduba.

Anno dopo anno la quantità del materiale etnografico e folklorico continua ad aumentare, per cui nel 1897 viene accolta l’iniziativa proposta da Vovk, di istituire ancora un’altra collana: nascono così i ventidue volumi di Materyjaly, pubblicati tra il 1899 e il 1929. Le prime uscite sono particolarmente ricche di contenuti, integrate da numerose illustrazioni e fotografie. Ad esempio nel primo volume, Vovk pubblica un saggio sulla pesca nella regione di Dobrugia situata tra il Danubio e il Mar Nero, contenente anche disegni di utensili di vario tipo e schemi che aiutano a comprendere le tecniche di cattura [Vovk 1899: 33-52]. Tra i lavori ricchi di fotografie, presenti sulle pagine di Materyjaly, citiamo una ricerca sulla costruzione delle abitazioni nei villaggi del governatorato di Černihiv realizzata dallo studioso M. Mohyl’čenko con delle immagini che mostrano la recinzione di un orto, il cortile di una casa contadina, un pozzo tipico e finanche un cimitero [Mohyl’čenko 1899: 79-95]. Sempre nel primo numero di Materyjaly troviamo addirittura delle immagini a colori, contenute nel saggio di Korduba dedicato alle pysanky [8]di Volinia[9], raffiguranti delle tabelle ricche di differenze cromatiche ed ornamentali [Korduba 1899: 169-210]. Nel secondo volume una bella illustrazione ritrae una coppia di Hutsuly: spiccano i molteplici decori degli abiti, le cui tinte bordeaux e rosso, contrastano con il verde delle colline sullo sfondo[10]. Negli anni, sulle pagine della rivista, si susseguono studi sui canti popolari e sulle fiabe, sui riti di passaggio, in particolare su matrimoni e battesimi. Troviamo anche lavori dedicati allo studio di antichi mestieri come la lavorazione della ceramica, del legno, la tessitura e il ricamo. Sono pure pubblicati interessanti saggi sulla medicina tradizionale e sulla preparazione dei cibi. La rivista diventa quindi il principale organo della Commissione etnografica.

Fig. 4. Una coppia di Hutsuly raffigurata con vestiario tradizionale impreziosito da elementi decorativi policromi.

La Commissione etnografica quale importante strumento di metodo per le indagini della SSS

Per esaminare e dare ordine a una crescente quantità di dati, orientando e sostenendo il lavoro di studiosi giovani o di maggior maturità viene in soccorso la già più volte menzionata Commissione etnografica fondata il 25 maggio 1898 a presieduta da Franko [S.a. 1898: 3].

Il funzionamento di questa struttura dipende dall’esecuzione di tre principali procedure: raccolta, elaborazione e pubblicazione. Tra le sue primarie attività, come abbiamo appena detto, c’è il reperimento e la catalogazione del materiale che testimonia le ricche tradizioni delle genti d’Ucraina. Dai resoconti della SSS si evince come durante le sedute della commissione, si pianifichino le spedizioni per esplorare territori ucraini ancora poco studiati. Le nuove tecnologie dell’epoca, forniscono da subito un valido supporto documentale alle ricerche. Vovk ad esempio, utilizza la macchina fotografica per realizzare una collezione di scatti antropometrici, durante i suoi viaggi. Il teologo Osyp Ivanovyč Rozdol’skij usa invece il fonografo per la registrazione di canti e melodie che, successivamente, saranno trascritti e pubblicati sulla rivista Zbirnyk [S.a. 1902: 32]. La commissione inoltre, per orientare e dirigere le raccolte del materiale etnografico e folklorico, redige periodicamente specifici programmi e questionari che vengono spediti ai collaboratori presenti in diverse aree territoriali.

La commissione si compone di circa venti studiosi, aiutati da numerosi rappresentanti dell’intellighenzia locale: preti, medici, insegnanti e studenti. Le pagine dei questionari, inviati da questi collaboratori, sono molto preziose ancora oggi perché, da un lato rappresentano un’importante fonte scientifica testimoniando dall’altro quanto i loro autori avessero a cuore il destino della cultura ucraina. Negli anni, tale istituzione ha saputo raggruppare intorno a sé tanti studiosi titolati, insieme a semplici entusiasti e amanti delle tradizioni popolari che, con il passare del tempo, si sono trasformati in corrispondenti fissi, capaci di raccogliere una ingente quantità di materiale etnografico.

L’attività della Commissione è in parte simile al percorso fatto dalla sezione etnografica creata qualche anno prima presso la Società Geografica Russa [https://www.rgo.ru/ru/]. Questa sezione aveva sviluppato e perfezionato le metodologie di ricerca, ampliato gli studi sul folklore e sulle tradizioni popolari ed organizzato numerose spedizioni per esplorare gli immensi territori russi ancora scarsamente conosciuti. Così come accadeva in Ucraina, aveva inoltre provveduto a inviare, in molte regioni, appositi questionari che includevano la raccolta dei dati riguardanti la cultura materiale e le peculiarità linguistiche. Successivamente sempre presso la Società Geografica Russa, nacque la rivista etnografica Živaja Starina le cui pagine davano spazio ai resoconti delle esplorazioni, descrivendo la quotidianità, i riti, le abitazioni e il vestiario sia dei popoli che facevano parte dell’impero russo, sia di quelli che vivevano oltre i suoi confini [Baldi, Mykhaylyak, 2016: 24-27, 52].

Tornando all’ Ucraina si può affermare senza ombra di dubbio che la SSS, e in particolare la sua Commissione etnografica sia stata una colonna portante per le nascenti scienze demo-etno-antropologiche. L’Ucraina inizia quindi a guardare a sé stessa, ai suoi popoli ed alla sua cultura, con un’etnografia volutamente “casalinga”, vuole contarsi e raccontarsi per definire la sua identità e presentarla al mondo intero.

Bibliografia

Baldi A., Mykhaylyak T. 2016, L’Impero allo specchio - antropologia, etnografia e folklore nella costruzione di un’identità culturale nazionale ai tempi della Russia zarista 1700-1900, Roma: Squilibri.

Cirese A. M. 1972, Cultura egemonica e culture subalterne, Palumbo: Palermo.

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Sitografia:

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[1] Un significativo contributo economico per avviare l’attività della società lo si dovette al mecenatismo di una donna benestante ucraina Jelizaveta Ivanivna Scoropads’ka-Myloradovyč; sua fu la scelta di attribuire al sodalizio il nome di Taras Hrygorovyč Ševčenko, ex servo della gleba, che con le sue opere vicine al popolo diventò l’icona dei patrioti. Fu ancora lei a invitare Mychajlo Petrovyč Drahomanov e Dmytro Pavlovyč Pyl’čykov, esponenti di spicco della vita politica ucraina, a redigere lo statuto della SSS [Petrenko 2014: 65-66].

[2] L’apertura della biblioteca era tra i compiti primari del sodalizio, in quanto, come scrisse Hruševs’kyj, le biblioteche presenti in quel momento sul territorio ucraino contenevano scarsa quantità di libri dedicati alla storia e alla letteratura nazionale [Hruševs’kyj 1898: 13].

[3] Oltre ai soci ucraini fecero parte del sodalizio in epoche diverse studiosi stranieri di ben nota fama, i fisici e i matematici tedeschi Albert Einstein, Max Planck, Felix Klein, David Hilbert, il linguista e storico austriaco Raimund Friedrich Kaindl, il sociologo, filosofo e politico cecoslovacco Tomáš Garrigue Masaryk, l’antropologo francese Léonce Manouvrier.

[4] I titoli delle quattro principali riviste sulle quali ci soffermeremo, saranno abbreviate per comodità di lettura nel seguente modo:

Zapyski Naukovoho tovarystva imeny Ševčenka (Gli atti della Società scientifica Ševčenko) - Zapyski;

Chronika Naukovoho tovarystva imeny Ševčenka (La cronaca della Società scientifica Ševčenko) - Chronika;

Etnografičnyj zbirnyk (La raccolta etnografica) - Zbirnyk;

Materyjaly do ukrajins’ko-rus’koji etnol’ogiji (I materiali per l’etnologia ucraino-russa) - Materyjaly;

[5] Dal 1895 al 1929 sono pubblicati quaranta volumi di Zbirnyk; dal 1898 la redazione è affidata ai membri della Commissione etnografica. Tra il 1899 e il 1929 vengono alla luce ben ventidue volumi di Materyjaly.

[6] Ruteni è uno dei termini con il quale sono pure chiamati gli Ucraini.

[7] Bačka è una regione della Pianura Pannonica, attualmente divisa tra Serbia e Ungheria.

[8] Pysanka è un tradizionale uovo pasquale dipinto a mano, simbolo di vita e di rinascita; in ogni regione ucraina variano i suoi ornamenti e i colori.

[9] Volinia è una regione storica dell’Ucraina nord-occidentale.

[10] Il volume in questione è completamente dedicato alla ricerca di Volodymyr Osypovyč Šuchevyč, che ha studiato per circa venti anni la vita quotidiana degli Hutsuly; sono incluse numerose fotografie e disegni. L’autore durante i suoi viaggi raccoglie una collezione di manufatti che in seguito confluiranno nel museo di Leopoli [Šuchevyč 1899].