L’oro blu del lago Parón

Il ruolo del capitale sociale sull’evoluzione di un conflitto socio-ambientale nel territorio della comunità Cruz de Mayo: subcuenca Lullán Parón – Huaylas – Perú

Fabio Azzolin


Table of Contents

Introduzione
Cruz de Mayo e il lago glaciale Parón
Il conflitto socio-ambientale
Comunità di luogo e capitale sociale
Appunti sul capitale sociale di Cruz de Mayo
Conclusioni
Riferimenti bibliografici

Abstract

The conflict around the water management of an important Andean lake, considerably aggraveted in 2008. The hydroelectric installations, that was grainted to Duke Energy company, was in fact occupied by the Peruvian rural community, Cruz de Mayo (CdM). This nonviolent conflict, after several years of impasse, has seen the recent introduction of various negotiating tables between CdM, Duke Energy, CEAS (a peruvian catholic association), local and state public institutions.

Keywords

Socio-environmental conflict; Social movements; Conflict institutionalization; Andes; Social capital.

Introduzione

Negli ultimi tre decenni si è assistito, in America Latina, a un aumento vertiginoso dei conflitti socio-ambientali, i quali si sono presto convertiti in una delle principali sfide per questa regione. La diffusione e l’espansione di industrie che sfruttano la ricchezza di risorse del territorio (comparto estrattivo, idroelettrico) che hanno coinvolto via via nuovi territori della regione, ha generato una serie di dispute tra lo Stato, le imprese e le popolazioni rurali e indigene, che girano attorno al controllo, alla conservazione e/o all’utilizzo di tali risorse naturali. Questi tipi di conflitti generalmente nascono a causa dell’utilizzo indiscriminato che le grandi imprese multinazionali fanno delle risorse ambientali (acqua, minerali, gas, petrolio, ecc.). Berraondo [2008] afferma che esiste un “quadro ricorrente” di violazione del territorio delle popolazioni indigene, come l'espropriazione della terra, la ricollocazione geografica, l'inondazione dei territori, la discriminazione, la distruzione ambientale dell’habitat, la repressione. Accanto alla perdita di terre ci sono i problemi nel tessuto economico locale (agricoltura, pesca,...) e la rottura o il deterioramento del tessuto sociale, familiare e dei vincoli affettivi [Petras e Veltmeyer 2007]. Insomma, una vera e propria aggressione al territorio indigeno (tanto alla proprietà come alle risorse di cui dispone), all’identità culturale delle popolazioni e ai loro modelli di organizzazione politica.

Per capire l’entità del fenomeno di sfruttamento dei territori e delle risorse naturali dell’America Latina, basti dire che questa regione rappresenta da un decennio a questa parte, il principale polo di attrazione degli investimenti minerari a livello mondiale [De Echave 2011]. Ciò sta conducendo inevitabilmente alla moltiplicazione dei movimenti socio-ambientali nella regione. Un consistente numero di attori collettivi è insorto, rendendo finalmente visibili dei conflitti precedentemente latenti. I posti lavorativi offerti dalle imprese multinazionali che “valorizzano” le tante risorse ambientali di cui dispone l’America Latina non riescono certo ad allentare la tensione tra i popoli minacciati, le istituzioni nazionali e le imprese. Difatti, è veramente esiguo il livello di occupazione che quest’ultime generano in favore delle popolazioni locali, soprattutto se si considera l’alto guadagno che ne ricavano. Tali imprese installano delle specie di enclave d’esportazione, spesso svincolate dalle comunità locali, le quali oltretutto sono costrette a osservare il pesante depauperamento dell’ambiente in cui vivono, dovuto alla manipolazione del loro territorio e delle risorse naturali, per dei fini economici avulsi dal contesto locale. In tutto ciò, i governi, che dovrebbero essere i primi paladini della preservazione del territorio nazionale, sembrano non curarsene e appaiono spesso assenti, ma nella sostanza sono conniventi e complici di queste distruzioni ambientali (e sociali).

Desde la gramática del despojo, la naturaleza se mira como “tierra vacía” o “territorio baldío” – esta expresión fue planteada por Alan García, ex mandatario de Perú y responsable de la masacre de Bagua –, con la cual no sólo se niega la existencia de los derechos previos de los habitantes originales, sino también se despoja a la naturaleza de su derecho de auto-conservación, regeneración y sostenibilidad [Shiva 2006, 32].

Secondo Harvey [2004], l’attuale tappa di espansione del capitale può essere definita come «accumulazione per spossessamento». Ciò implica una frenetica mercificazione e depredazione dei beni ambientali, vincolati a quello che Marx denominò «accumulazione originaria», anche se include un raggio più ampio di processi come la privatizzazione della terra, l’espulsione coatta delle popolazioni contadine o indigene, la trasformazione di diverse forme di diritti di proprietà (comunale, collettiva, statale) in diritti di proprietà esclusivi, la soppressione di forme di produzione alternative e processi di appropriazione di beni, incluse le risorse naturali. In questa maniera, la depredazione dei beni ambientali (terra, aria, acqua) e la degradazione ambientale accelera il processo di mercificazione della natura, accompagnato da quello della cultura, della storia e della creatività intellettuale. In risposta a tali fenomeni fomentati dal sistema economico globalmente dominante fondato sul neoliberismo, si generano localmente contraddizioni sociali, politiche, culturali e/o economiche relativamente al controllo, utilizzo, gestione, accesso o sfruttamento di spazi e/o risorse naturali [Guevara 2013], che a loro volta favoriscono l’emersione di vari movimenti e conflitti socio-ambientali. Esistono molteplici casi esemplificativi di violazione delle risorse delle popolazioni indigene, di tensioni locali e di movimenti di protesta in risposta al depauperamento dei territori sudamericani, come: il progetto minerario di Pascua Lama, che comprende delle zone glaciali di Argentina e Cile; le leggi emanate dal governo ecuadoregno in favore dell’attività mineraria e dello sfruttamento delle risorse idriche, le quali hanno provocato agitazioni del movimento indigeno contro il governo; l’intenzione del governo federale messicano di permettere la realizzazione di giacimenti minerari nel territorio sacro di Wirikuta, nello stato di San Luis Potos; l’illecito sfruttamento dell’acqua proveniente dal lago Parón in Perù, perpetrato dall’impresa idroelettrica Duke Energy per molti anni. Quest’ultimo rappresenta il peculiare caso conflittuale su cui stiamo indagando e che presenteremo in questo saggio.

Anche in Perù dunque, come in altri paesi dell’America Latina, il primo decennio del nuovo millennio ha portato con sé una grande crescita dei cosiddetti movimenti socio-ambientali. Questi sono nati subito dopo la difficile esperienza di terrorismo e autoritarismo della fine del secolo scorso. La chiusura della stagione autoritaria impressa dal governo Fujimori e la fine del clima di terrore creatosi a causa della lotta armata impressa dall’organizzazione di stampo maoista denominata Sendero Luminoso[1]segnarono la fine di un’epoca angusta dal punto di vista sociale. La congiuntura sociale e le politiche economiche liberali degli anni successivi d’altro canto si dimostrarono particolarmente favorevoli all’incremento delle attività connesse allo sfruttamento del sottosuolo e delle risorse idriche, ma per converso alimentarono il grado di partecipazione della cittadinanza alla vita democratica del Paese. In Perù, i tipi di movimenti sociali che ne sono nati si sono sviluppati in maniera peculiare rispetto alla maggioranza dei movimenti di questo tipo nati in altri paesi vicini, come Ecuador, Bolivia, Venezuela, Brasile o Argentina ad esempio. Essi si sono distinti certamente per la loro vivacità ma anche per il fatto di essere poco strutturati, frammentati e disarticolati, con l’inevitabile conseguenza di essere meno incisivi sul lungo termine rispetto a un progetto collettivo che prescinda dagli interessi prettamente localistici.

Oggi, dopo più di due decenni dalla riforma economica e dal processo di liberalizzazione (sotto il governo Fujimori), si possono osservare dei profondi e rilevanti cambiamenti non solo nell’economia, ma anche nella politica e nella società peruviana. Nonostante l’imposizione di una politica economica improntata sull’export, che convive con il commercio illecito (narcotraffico e industria mineraria informale) abbia significato una sostenuta crescita dell’economia e del PIL, i problemi legati alla povertà e alle disuguaglianze sociali non possono di certo dirsi risolti. Con il principio del XXI secolo si è assistito a una riattivazione della mobilitazione sociale che ha condotto tante popolazioni e comunità locali a battersi tenacemente per difendere i propri territori dalla ”invasione” delle compagnie estrattive. Dopo il trionfo di Ollanta Humala alle presidenziali del 2011, che in campagna elettorale promise di difendere strenuamente le comunità e i territori rurali e indigeni, le proteste sociali diminuirono notevolmente, e ci furono invece dei cambiamenti importanti nella natura, nella portata e nell’efficacia di alcune di queste proteste.

Cruz de Mayo e il lago glaciale Parón

Il campo di ricerca, che abbiamo esplorato e studiato parzialmente nel 2011, è rappresentato dalla comunità andina Cruz de Mayo, insediata nella vallata Lullán Parón che si trova nel distretto di Caraz, facente parte della provincia di Huaylas, che a sua volta appartiene alla regione Ancash. La vallata Lullán Parón fa parte del più grande Callejón de Huaylas (anche detto Valle del Santa), una stretta e lunga valle della catena montuosa delle Ande percorsa dal fiume Santa, dalla sua origine nel lago alto-andino di Conococha fino all’altra estremità del Cañon del Pato. Questa valle è delimitata dalla Cordillera Negra a ovest e da quella Blanca a est, dove quest’ultima rappresenta la catena montuosa tropicale più alta del pianeta, vista la presenza di numerose cime di altitudine superiore ai 6000 metri.

Fig 1: Mappa del distretto di Caraz. A est possiamo osservare il lago Parón, mentre nel centro abbiamo la comunità Cruz de Mayo con le sue borgate, infine più a ovest contrassegnato da un piccolo pentagono bianco, la città di Caraz, capoluogo dell’omonimo distretto. Fonte: Instituto Geográfico Nacional Peruano, 2007.

Il distretto di Caraz che si estende al di sotto della Cordillera Blanca, ha una superficie di 246,52 km2 e al suo interno ospita una popolazione di 23580 abitanti, dei quali il 57% vive nelle aree urbane, mentre il restante 43% vive nelle aree rurali [INEI 2007] che per la maggior parte coincidono con le zone andine. Il totale degli abitanti residenti nella regione di Ancash ammonta a poco più di un milione, mentre la provincia di Huaylas raggiunge un numero di abitanti pari a 53729, il che significa che il solo distretto di Caraz costituisce il 44% dell’intera provincia e circa il 2% rispetto all’intera regione Ancash. La densità abitativa della provincia di Huaylas è di 23,4 abitanti per chilometro quadrato, il che significa che non si discosta molto dalla media nazionale (22,1 ab/ km2), ma è decisamente più bassa della media regionale (29,6 ab/km2).

Non conosciamo la densità abitativa della comunità rurale Cruz de Mayo, ma possiamo affermare con certezza che è molto bassa visto l’esteso territorio montuoso su cui vive più un migliaio di persone. Cruz de Mayo costituisce l’attore protagonista del nostro studio di caso, nonché la zona rurale più prossima al lago Parón, attorno a cui è nato e si è sviluppato il conflitto socio-ambientale su cui stiamo indagando. Cruz de Mayo è formata da 21 settori[2](mentre di nuclei abitativi o borgate ce ne sono di più), i quali comprendono all’incirca 3696 abitanti[3] dislocati in un vasto territorio abbastanza frastagliato, caratterizzato sia da pendii dolci che da versanti particolarmente impervi. I dati statistici dell’INEI ci dicono che qui vivono più donne che uomini, con una differenza tra l’uno e l’altro genere di 6 punti percentuali. Difatti nel 2007 Cruz de Mayo contava 546 uomini (47%) e 621 donne (53%), mentre i minori di 16 anni ammontavano a 288 unità (25%).

Fig 2: Mappa del distretto di Caraz. A est possiamo osservare il lago Parón, mentre a centro-sud, cerchiata con dei trattini rossi, c’è la comunità Cruz de Mayo con le sue borgate, infine più a ovest contrassegnato da un cerchietto nero-grigio, la città di Caraz, capoluogo dell’omonimo distretto. Fonte: Instituto Geográfico Nacional Peruano, 2007.

Le persone che popolano Cruz de Mayo, se si guarda bene, costituiscono una piccola porzione (5%) rispetto al totale della popolazione che vive nel distretto di Caraz. Questa popolazione riveste però un ruolo molto importante per il restante della popolazione del distretto che vive nella parte bassa della vallata, nonché di quella del Callejón de Huaylas, perché è in quest’area che le risorse naturali vengono controllate, protette e conservate. Sono gli abitanti di Cruz de Mayo che rappresentano i guardiani del pregevole territorio andino, ed è anche grazie a loro, che gli abitanti di fondo valle delle zone urbane possono beneficiare dell’enorme mole di acqua che queste montagne generano incessantemente.

Nel distretto di Caraz prevale la popolazione urbana, ma se ci focalizziamo sul resto della provincia di Huaylas prevale decisamente la popolazione abitante nelle zone rurali (67,4%). Tuttavia, se allontaniamo ancor più lo sguardo, e prendiamo come area di riferimento, l’intera regione Ancash, risulta evidente che la popolazione è prevalentemente urbana (il 64% vive in città). I dati demografici evidenziano bene come in quasi 70 anni (1940-2007) la regione abbia mutato drasticamente i suoi connotati socio-economici, visto il fortissimo aumento della popolazione urbana (dal 33% degli anni ’40, al 64% del 2007). Il cambiamento epocale risale agli anni ’60, che vide una diminuzione di ben 16 punti percentuali della popolazione rurale. La migrazione di una buona fetta della popolazione, dai campi alla città, rivela un cambiamento significativo anche nel tessuto economico locale, che ha visto un notevole decremento del settore primario, soprattutto a favore del terzo settore. I dati socio-economici rivelano tuttavia che nel complesso regionale permane un’alta percentuale di attività legate all’agricoltura e all’allevamento. Nel distretto di Caraz per esempio, nonostante la maggioranza viva in città, l’attività economica prevalente rimane quella agrosilvopastorale (32%), assieme alla pratica della caccia. A distanza seguono le attività commerciali e quelle legate alla riparazione di veicoli (14%) e ancora dietro vengono le attività commerciali all’ingrosso (12%). Le attività agrosilvopastorali sono attività che non sono intensive, e mirano a una produzione atta all’auto-sussistenza, per cui solamente una piccola parte dei prodotti della terra viene destinata alla vendita sui mercati locali. L’economia comunitaria di Cruz di Mayo si fonda proprio sulle attività agrosilvopastorali e pertanto risulta alquanto stabile e solida, visto che non dipende quasi per nulla dalle fluttuazioni del mercato neoliberista.

Riguardo alla situazione socio-demografica della comunità Cruz de Mayo, questa è sana e caratterizzata da un buon incremento della popolazione, che tuttavia potrebbe creare problemi nel prossimo futuro, conducendo a fenomeni di emigrazione definitiva verso i centri urbani, vista la saturazione dei terreni disponibili per la coltivazione (sempre più parcellizzati). Per ovviare a questo problema, ci sarebbe la possibilità di recuperare nuovi terreni che ancora non sono stati bonificati (coperti dalla vegetazione) o che attualmente si trovano in stato di abbandono, ma ancora non ci si è mossi in merito.

Per quanto riguarda i servizi pubblici statali invece, negli ultimi 10 anni c’è stato un notevole sviluppo della rete elettrica (che ha veicolato la diffusione degli apparecchi radio e della televisione in diverse abitazioni), mentre leggermente meno diffuso è stato lo sviluppo della rete idrica potabile e ancora meno quello dei servizi igienici che finora sono giunti solo in alcune borgate.

Il conflitto socio-ambientale

La popolazione di Cruz de Mayo è stata costretta a osservare il depauperamento del proprio territorio, causato dallo sfruttamento insostenibile delle risorse idriche provenienti dal lago Parón. Questo sfruttamento è stato perpetrato da una multinazionale statunitense (Duke Energy) che tuttora mantiene la concessione per il controllo della centrale idroelettrica Cañon del Pato[4] e gestiva gli impianti di drenaggio dell’acqua che si trovano ai piedi del lago Parón, a cui ora non ha accesso, l’impresa idroelettrica utilizzava il lago Parón come riserva idrica, da sfruttare soprattutto durante la stagione secca, per l'incremento della produzione quotidiana di energia elettrica.

Foto 1: Una borgata tipica della comunità Cruz de Mayo, la quale, come si vede nelle retrovie, è contorniata da un territorio naturale vasto, dove non si notano altri centri abitati nelle immediate vicinanze. Fonte: Azzolin, 2011.

Questo bacino lacustre si trova a un’altezza di 4185 metri sul livello del mare, misura 4 chilometri longitudinalmente, 900 metri trasversalmente, nonché 76 metri di profondità, e si stima che possa contenere 55 milioni di metri cubi di acqua. Geograficamente questo lago si colloca a 100 chilometri a nord di Huaraz (capitale della regione Ancash), e a 32 chilometri dalla più prossima cittadina, ossia Caraz. Rispetto al capoluogo nazionale invece, il lago si trova in direzione nord, a poco più di 500 chilometri. Il lago è di origine glaciale, si genera e rigenera grazie al graduale apporto dell’acqua proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai Caraz, Artezonraju, Huandoy, Paria, Piramide, Chacraraju e Pisco. Ciò fa sì che il lago Parón costituisca il più grande bacino lacustre della Cordillera Blanca, e rappresenti una fondamentale riserva idrica per le popolazioni che sono insediate a valle. Oltre al grande pregio naturalistico, il lago e il territorio che lo attorniano sono di una bellezza indiscutibile, tanto da essere stato proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco già nel lontano 1985. Il lago Parón fa parte inoltre del Parco naturalistico nazionale Huascarán, dal quale dovrebbe essere difeso e protetto.

I riconoscimenti istituzionali della notevole importanza del lago e del relativo eco-sistema tuttavia, non impedirono alla compagnia Duke Energy di agire indisturbata nella sua condotta perniciosa. I reiterati e indiscriminati abusi fecero sì che il più grande lago della Cordillera Blanca si abbassasse rapidamente e drammaticamente di livello (specialmente tra il 2000 e il 2007) pregiudicandone la bellezza, e allo stesso tempo causarono problemi alla fauna ittica (come gli allevamenti di trote), alle infrastrutture irrigue e alle relative condutture, nonché alla salute della popolazione locale.

Questi effetti collaterali derivavano dalle eccessive quantità di acqua introdotte da Duke Energy nel corso del torrente Llullán in determinati periodi della giornata (solitamente nelle ore notturne) che comportavano l’erosione del suo letto e il relativo trascinamento di sedimenti minuscoli che contaminavano la risorsa idrica. Ciò fu scoperto[5] dalla popolazione civile, dai contadini e dagli allevatori, che all’epoca notarono una consistente moria di trote nei relativi allevamenti e molteplici episodi in cui gli abitanti lamentavano dolori di stomaco dopo aver bevuto l’acqua proveniente dal lago.

Secondo quanto sostengono le autorità locali di Caraz, la riserva di acqua del lago Parón diminuì drasticamente in una quindicina d’anni, passando dai 50 milioni di metri cubi del 1992 ai soli 25 milioni di metri cubi nel 2007. L’impresa idroelettrica Duke Energy difatti, in quel periodo fruiva dell’acqua senza alcuna remora, incanalando nei condotti dell’impianto molta più acqua del consentito per legge (arrivando addirittura a drenare 8-9 m3/s), il che non permetteva a tutti gli abituali utilizzatori di quest’acqua (alla sottostante popolazione civile di Cruz di Mayo e di Caraz, ai coltivatori e allevatori delle zone a valle) di fruire come di consueto della preziosa risorsa proveniente dal bacino lacustre di Parón.

Foto 2: macro sul corso d’acqua che scende lungo la vallata Llullán – Parón, corso che si insinua all’interno di una rigogliosa area boschiva. Il torrente scende a valle per confluire con il Río Santa, il quale attraversa l’intero Callejón de Huaylas da sud a nord, si infila nella gola di Cañon del Pato per poi volgersi a est e sfociare nell’Oceano Pacifico, a nord della città di Chimbote. Fonte: Azzolin, 2011.

Nella popolazione, che da sempre aveva potuto usufruire indisturbatamente delle risorse idriche del lago andino, questa condotta irrispettosa di Duke Energy creò rilevanti malumori che a lungo andare si trasformarono in ostilità, che a sua volta a un certo punto si trasformò nella forte determinazione di riprendersi ciò che sentivano loro di diritto. A quel punto lo sbocco naturale degli eventi era il conflitto, che effettivamente costituiva l’unica maniera per tornare ad avere il controllo totale sul lago e le risorse idriche connesse.

Gli albori del conflitto si possono far risalire agli anni ‘90, proprio durante il governo Fujimori, anni in cui furono promossi gli investimenti privati e si formò l’esigenza di rispondere alla domanda energetica crescente. L’attività di produzione di energia idroelettrica nella zona fu avviata difatti già nel decennio del fujimorismo, tramite concessioni a imprese statali. Per l’esattezza, fu nel 1993, attraverso un Decreto Supremo, che si autorizzò il controllo da parte di ElectroPerù S.A. su un vasto territorio (ovvero un’area di 540 ettari), che includeva il bacino Parón. Tale accadimento costituisce il momento in cui l’embrione del conflitto inizia a prendere forma, un conflitto che negli anni sarebbe cresciuto gradualmente fino a emergere in superficie e diventare visibile a tutti. Dopo qualche anno dal Decreto del governo Fujimori, nel febbraio del 2000, la situazione iniziò a farsi più spinosa. Fu l’impresa nord-americana Duke Energy che acquisì la titolarità della concessione del bacino Parón e di conseguenza la possibilità di sfruttare le risorse del lago al fine di produrre energia elettrica per la collettività peruviana, nonché guadagni e utili per la collettività aziendale.

Foto 3: il lago glaciale Parón osservato dal lato nord-est. In questo scatto del giugno 2011 il livello dell’acqua è nella norma. In questo periodo, infatti, l’acqua non veniva convogliata verso gli impianti idroelettrici della Duke Energy. Fonte: Azzolin, 2011.

Nel 2007 invece cominciarono a maturare i primi importanti episodi conflittuali, i quali facevano già presagire un lungo ed estenuante conflitto. Nel luglio del 2007 difatti, l’Autorità autonoma della valle idrografica del fiume Santa sospese temporaneamente il permesso concesso a Duke Energy Egenor SA per l’utilizzo delle acque del lago Parón, a causa dell’eccessiva diminuzione del volume dell’acqua che conteneva. In seguito si venne a sapere, che il prelievo dell’acqua da parte dell’impresa Duke Energy, raggiunse addirittura gli 8-9 m3/s, volume che andava ben oltre i limiti che sarebbero stati permessi agli utilizzatori dell’acqua del bacino andino e avrebbe consentito a tutti una corretta ed equa fruizione della risorsa idrica.

Foto 4: pianoro che precede il lago Parón, alle nostre spalle. In basso sulla destra si può notare il presidio dell’impianto della compagnia idroelettrica, occupato all’epoca (2011) da due guardiani pro-tempore nominati dalla comunità Cruz de Mayo. Fonte: Azzolin, 2011.

In quello stesso anno, nel bollettino concernente i conflitti sociali edito dalla Defensoría del Pueblo[2007, 2], si poteva leggere che nella città di Caraz la Comisión de Usuarios de Parón-Llullán[6], desiderava negare il permesso di convogliare l’acqua dal bacino andino ai tunnel di scarico, visto che ciò provocava l’erosione dei loro canali irrigui, pregiudicando la produzione agricola assieme alla salute della popolazione locale. Nel bollettino si esponeva inoltre il danno causato alla bellezza del lago e di conseguenza ai flussi turistici che erano drasticamente in calo. Il messaggio finale diceva chiaramente che se la Duke Energy non avesse ascoltato e concretato le richieste della Comisión de Usuarios, si sarebbe arrivati all’uso della forza.

Nonostante le richieste fossero state disattese, non si giunse a dei veri e propri episodi di violenza, ma nel luglio del 2008 si realizzò una decisiva azione collettiva contro la multinazionale, che avrebbe segnato il passaggio del conflitto dallo stato di latenza a quello di visibilità. Difatti, mentre l’allora presidente della Repubblica Alan Garcìa, presiedeva le celebrazioni per il mese della patria, nella provincia di Huaylas la situazione si evolveva rapidamente. I membri del Frente de Defensa del lago Parón, gli abitanti della comunità Cruz de Mayo, quelli della Campiña e delle città di Caraz, riuscirono nell’intento di sequestrare due guardiani che si trovavano nel presidio dell’impianto di fianco al lago, per trasferirli a valle, nel villaggio di Parón (appartenente a Cruz de Mayo). Allo stesso tempo, cento contadini di diversi villaggi di Cruz de Mayo, iniziarono una mobilitazione collettiva giungendo alla più bassa città di Caraz per protestare contro la drastica riduzione del livello dell’acqua del bacino lacustre e reclamando per i danni socio-economici subiti a causa dei continui ed esagerati drenaggi verso gli impianti di fondovalle.

Successivamente, i leader del movimento sociale richiesero alle istituzioni politiche nazionali di ottenere la concessione del bacino, richiedendo al contempo che si stabilissero dei limiti di drenaggio di 1 m3/s nella stagione secca, e di 0,5 m3/s nella stagione delle piogge. Tali richieste non furono però ascoltate dalle istituzioni statali, anche perché il lago, dal punto di vista legale si trovava ancora sotto la competenza di Duke Energy. Il conflitto continuò anche negli anni seguenti, in quanto gli attori protagonisti non arretravano di un metro dalle loro posizioni, anche perché la comunità Cruz de Mayo non si sentiva né appoggiata né ascoltata e dalle istituzioni statali e locali. Forse anche per questo motivo, col passare del tempo il movimento sociale si fece più coeso, unito e organizzato internamente, mantenendo saldo l’obiettivo di ottenere il controllo definitivo sul prezioso lago andino. Sentendosi però deficitario di varie competenze (come quelle giuridiche, tecniche e diplomatico-strategiche), importanti per battersi alla pari con i propri antagonisti provenienti dall’area “civilizzata”, i leader del movimento decisero di appoggiarsi a un’istituzione cattolica (CEAS[7]), l’unica di cui sentivano di potersi fidare e che poteva sostenerli colmando tali lacune. Gli anni seguenti videro però il sommarsi di nuovi inconvenienti che buttarono altra benzina sul fuoco del conflitto, come l’ingresso (nel 2010) nel territorio comunitario di alcune autorità statali che si premurarono di abbassare il livello del lago (che nel frattempo aveva raggiunto i livelli di rischio esondazione), ma che fu percepito da alcuni abitanti del luogo come un pretesto per sfruttare quell’acqua per fini meno nobili di quello di scongiurare il pericolo dello straripamento. Durante questo sopralluogo, i tecnici governativi si accorsero, tra le altre cose, che i macchinari che controllano le paratie per il drenaggio dell’acqua si stavano progressivamente deteriorando. Saputo questo, Duke Energy premette maggiormente per accedere al lago e avere la possibilità di compiere la manutenzione di cui gli impianti necessitavano.

Nell’anno seguente (settembre 2011) invece, per rinfocolare gli animi, CEAS inviò una lettera al Presidente della Repubblica, denunciando i danni subiti dal lago e dall’ambiente circostante. Nella lettera CEAS [2011] descrive in maniera chiara e concisa le vicissitudini dell’epoca, e le relative conseguenze nefaste per la popolazione locale:

La descarga excesiva por parte de la empresa Duke Energy, provocó que no fluya el turismo, ya que la laguna perdió su belleza paisajística, afectando a esta actividad complementaria para la comunidad y la población caracina […] Por otro lado, se cerraban las compuertas y se dejaba sin agua suficiente para el consumo y actividades de la población.

Nel dicembre dello stesso anno, e come risposta alla denuncia di CEAS, la Presidenza del Consiglio dei Ministri guidata da Salomón Lerner, imbastì un processo di dialogo con la comunità Cruz de Mayo che però non ebbe seguito anche a causa degli avvicendamenti politici in seno al governo. Malgrado ciò, parecchi mesi dopo un gruppo di attori che difendeva il bacino Parón, composti dalla comunità Cruz de Mayo, le amministrazioni provinciali di Huaylas e la Comisión de Usuarios Parón-LLullán espresse la volontà di iniziare a dialogare con lo Stato e l’impresa Duke Energy. Fu così che il 22 settembre 2012, si avviò un Tavolo di Dialogo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sotto la direzione dell’ufficio Nazionale di Dialogo-ONDS [8]. Al tavolo di Dialogo Parón parteciparono: l’Autorità Nazionale dell’Acqua, l’Istituto Nazionale di Difesa Civile, il Ministero dell’Ambiente, l’amministrazione provinciale di Huaylas, i congressisti Modesto Julca e Freddy Peñaranda, l’impresa Duke Energy e la Comisión de usuarios de Parón-Llullán accompagnata da CEAS. In questa nuova tappa di dialogo, gli attori presenti concordarono all’unanimità che gli obiettivi principali da raggiungere sarebbero stati:

la riparazione e il mantenimento integrale delle installazioni idrauliche del sistema di regolazione del lago Parón, tenendo fermo che i lavori sarebbero stati finanziati dall’impresa Duke Energy sotto la supervisione di INDECI, CENEPRED e ANA[9];

affrontare i diritti di partecipazione della comunità Cruz de Mayo, con l’adesione di INDECI, MINAM (Ministero dell’Ambiente), ANA, l’amministrazione provinciale di Huaylas e l’ONDS.

Alla fine di tutto il processo di mediazione che durò all’incirca un anno e tre mesi [Guerra e Antúnez 2014, 14] nel bollettino redatto dall’ONDS, si pervenne ai seguenti accordi e risultati:

l’ANA, elaborò una proposta di Piano di drenaggio del lago Parón, il quale fu accettato da tutti gli attori seduti attorno al Tavolo di Dialogo;

l’impresa incaricata di realizzare la manutenzione delle installazioni sarebbe stata l’impresa Datco S&H S.R.L[10], contrattata e finanziata della Duke Energy;

la comunità contadina Cruz de Mayo, in aggiunta, richiese che la supervisione dei lavori di manutenzione fosse controllata da una parte terza e neutrale. Duke Energy accettò la proposta;

l’11 novembre 2013 finalmente iniziarono i lavori di manutenzione e la riparazione del sistema idraulico del bacino andino di Parón, i quali ebbero una durata di 60 giorni;

si accordò la regolazione dei drenaggi del lago Parón, assicurando la comunità locale che l’utilizzo dell’acqua per il consumo della popolazione civile avrebbe costituito la priorità;

l’impresa Duke Energy infine avrebbe partecipato alla gestione delle risorse idriche in qualità di utilizzatrice, alla pari della comunità Cruz de Mayo e della Comisión de Usuarios Parón-LLullán.

I risultati raggiunti permettono di tirare un sospiro di sollievo all’intero Callejón de Huaylase non solo, soprattutto se si tiene conto che esiste un’evidente tendenza all’aumento dell’antropizzazione urbana (soprattutto a livello regionale) e il valore delle risorse naturali provenienti dalle aree rurali, già elevato, si sta innalzando ulteriormente. Le città generalmente necessitano di parecchie risorse naturali visto l’elevato tenore dei consumi civili e industriali, pertanto mano a mano che questi agglomerati crescono, le risorse naturali per converso si fanno progressivamente più scarse. Questa condizione ambientale conferma l’assoluta importanza di conservare al meglio la vallata Lullán Parón per far si che la comunità Cruz de Mayo continui a presidiare questo prezioso territorio e non venga in ciò ostacolata da attori economici che aspirino a imporre i propri interessi sul territorio locale. Evitare questo tipo di ingerenze può certamente contribuire alla serenità e allo sviluppo della comunità Cruz de Mayo, ma specialmente può permettere di preservare un ecosistema naturale che risulta vitale non solo per la stessa popolazione che qui ci vive, ma anche per il cospicuo numero di persone che occupa il fondo valle.

Comunità di luogo e capitale sociale

Allo scopo di comprendere a fondo le dinamiche che hanno condotto Cruz de Mayo a una simile lotta non violenta e meglio capire l’evoluzione del conflitto socio-ambientale sul quale ci siamo focalizzati sarà importante analizzare, assieme alla nascita e allo sviluppo del movimento sociale e del relativo conflitto, le caratteristiche socio-culturali degli attori rurali coinvolti nel conflitto, avvalendosi dello strumento teorico del capitale sociale. Lo studio del capitale sociale, quale risorsa sociale innestata in un’associazione di reti, offre un quadro dettagliato delle interazioni che possono innescarsi all’interno e tra gruppi sociali in un processo di lotta.

Nella pratica, il concetto di capitale sociale si lega a quello di comunità, poiché quest’ultima richiede di essere parte della società civile, cioè porsi a un livello intermedio tra società dell’economia e società della politica [Gramsci 1975]. I fini principali dell’organizzazione economica sono quelli di produrre beni e servizi con lo scopo di creare profitto, mentre quelli dell’organizzazione politica sono di controllare le relazioni sociali grazie alle regole imposte alla società. Il fine della società civile (al cui interno opera appunto il capitale sociale) invece, è quello di soddisfare i bisogni individuali tramite risposte collettive, a cui né l’economia né la politica possono far fronte.

Le risposte collettive che nascono per soddisfare tali bisogni si costituiscono in quelle che Flora definisce «communities of place», che comprendono persone legate assieme dal fatto di risiedere o lavorare o visitare il medesimo luogo, insomma di condividere per una porzione del loro tempo un “territorio sociale”. Questo luogo può essere il quartiere in cui si vive, come un bar, la città, il villaggio, il posto di lavoro o qualsiasi luogo pubblico contraddistinto dal senso di comunità. Il concetto di comunità di luogo risulta qui utile a delimitare il terreno su cui desideriamo far operare il concetto di capitale sociale, strumento ampiamente utilizzato, principalmente nelle discipline umanistiche, per descrivere le più svariate situazioni comunitarie (dal caso micro, per spiegare le dinamiche di gruppo che ad esempio si creano all’interno di un contesto familiare, ai casi macro in cui il capitale sociale chiarirebbe i motivi di un certo tipo di sviluppo di un ampia area geografica). Il capitale sociale è una risorsa sociale provvista di due caratteristiche essenziali: legata indissolubilmente all’appartenenza a un gruppo o a una rete, e frutto dell’interazione tra persone [Bourdieu 1980]. In quelle che Flora chiama comunità di luogo i relativi membri, nel loro agire quotidiano, non sono orientati esclusivamente da convinzioni valoriali, ma al contrario, secondo quanto affermano Portes e Sensenbrenner [1993, 1325] sono mossi perlopiù da forze utilitaristiche, dove il capitale sociale:

is generated by individual members’ disciplined compliance with group expectation. However, the motivating force in this case is not value convictions, but the anticipation of utilities associated with ‘good standing’ in a particular collectivity. As with reciprocity exchanges, the predominant orientation is utilitarian, except that the actor’s behaviour is not oriented to a particular other but to the web of social networks of the entire community.

Il continuum disegnato dalle molteplici interpretazioni sul capitale sociale presenti in letteratura, vede collocarsi su un margine l’approccio micro (come quello appena descritto) che assegna alle azioni individuali un ruolo preminente nel quadro dell’aggregamento, mentre sul margine opposto l’approccio macro che conferisce un ruolo di primaria importanza al comportamento sociale. Bourdieu, sembra accostarsi di più al primo margine (micro), in quanto configura il capitale sociale quale insieme delle risorse che l’attore è in grado di ottenere dalla sua rete di riferimento, o meglio:

The aggregate of the actual and potential resources which are linked to possession of a durable network of more or less institutionalized relationship of mutual acquaintance and recognition (or in other words, to membership in a group) which provides each of its members with the backing of the collectivity-owned capital [Bourdieu 1986, 248-9]

Bourdieu ritiene che il capitale sociale, oltre alla coesione sociale possa generare il conflitto sociale, perciò lo concepisce come mezzo della lotta di classe. In questa prospettiva conflittualista del capitale sociale, le relazioni interpersonali di reciproca conoscenza e riconoscimento sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi dei membri del gruppo sociale, il quale offre loro un bagaglio significativo di risorse collettive. AnchePutnam ritiene il capitale sociale come una risorsa utile per il raggiungimento di obiettivi collettivi condivisi, ma il suo approccio trae origine dalla teoria funzionalista (approccio macro) e mette in rilievo il comportamento sociale, rappresentando il capitale sociale come un bene collettivo che specificatamente fa riferimento:

to features of social organization, such as networks, norms, and trust, that facilitate coordination and cooperation for mutual benefit. Social Capital enhances the benefits of investment in physical and human capital [Putnam 1993].

Da ciò si evince che il capitale sociale stimola l’azione collettiva, la quale facilita il perseguimento di obiettivi comuni, che sarebbero impossibili da raggiungere in mancanza di esso. Coleman [1988] asserisce che queste norme, che definisce informali, dipendono da «a dense and relatively closed social structure that has continuity over time». Il capitale sociale dimora quindi nella struttura delle relazioni fra gli attori, in quanto è incorporato in tali relazioni [Coleman 1988]. Freudengburg [1986] chiama questa interazione «density of acquaintanceship». Attraverso l’interazione continua, il comportamento degli attori diventa sempre più prevedibile, facendo sì che diminuisca l’incertezza e al contempo la fiducia possa raggiungere sufficienti livelli da permettere la riduzione dei costi di transazione [Torsvik 2000, Routledge e Von Amsberg 2003]. L’incremento della fiducia che deriva dalla ripetizione delle interazioni sociali cooperative, dalle molteplici opportunità di partecipazione, rappresenta un terreno che agevola la nascita di valori condivisi e norme di reciprocità. Il capitale sociale può in tal maniera favorire l’efficienza di altre forme di capitale, come il capitale economico, umano e ambientale [Flora 1998]. Putnam [2000] sottolinea la funzione (socialmente, culturalmente e economicamente) trainante di un capitale sociale ben sviluppato, rilevando che una fitta rete di amicizie rende più godibile il tempo libero, favorisce gli scambi culturali e permette di accedere a informazioni che talvolta possono procurare benefici materiali.

Il capitale sociale si costruisce nel tempo grazie all’azione di tre componenti principali, rappresentate dalle reti di relazioni interpersonali, dalle norme sociali e dalle forme di fiducia, le quali influiscono congiuntamente sui comportamenti delle persone appartenenti alla comunità. Una particolare evoluzione di questi elementi concorre all’attivazione dello scambio di informazioni all’interno e/o all’esterno delle comunità. È tramite le reti di conoscenza che si formano dei canali privilegiati nella comunità, i quali favoriscono e/o limitano (solitamente ai soli membri, evitandone la dispersione) lo scambio di informazioni e conoscenze. Le reti di conoscenza, più o meno fissate nella popolazione o per lo meno individuabili, costituiscono la componente delle relazioni interpersonali. Anche la seconda componente del capitale sociale, cioè le norme sociali, svolgono un ruolo importante, sia al di dentro che al di fuori dei confini comunitari. Tali norme sono rappresentate dai comuni valori fondanti e da regole di comportamento che travalicano i dettami economici e giuridici. Le norme sociali vengono applicate dentro la comunità di riferimento, e talvolta nei rapporti tra comunità differenti, attivandosi quando le regole codificate appaiono insufficienti o inadatte al contesto di riferimento. La terza componente invece, si attiva quando le relazioni interpersonali avvengono al di fuori del limitato campo di regole codificate e norme sociali. Difatti se non intervenissero opportunamente le forme di fiducia, si creerebbe uno spazio vuoto in cui il capitale sociale perderebbe la sua forza coesiva. La fiducia fa perno sulla costruzione e/o sulla distruzione della reputazione degli individui, in quanto appartenenti alla comunità. La fiducia, che fluttua continuamente nelle trame comunitarie, si inserisce in quello “spazio anomico” venutosi a creare, per continuare a garantire la correttezza dei comportamenti sociali.

Queste tre componenti del capitale sociale si rifanno sempre a un “di dentro” e a un al “di fuori” dei confini comunitari. Sappiamo che non esiste società (o quasi) che non abbia instaurato dei rapporti con società esterne a essa, e che non ne sia stata influenzata in qualche maniera. Se le società non possono chiudersi ermeticamente in una bolla di cristallo, ciò significa che lo strumento del capitale sociale non può soffermarsi a osservare le sole relazioni interne alla comunità. Dunque per avere uno sguardo più ampio sulle caratteristiche socio-culturali di una comunità, è opportuno distinguere tra due tipi di capitale sociale, il bonding e il bridging social capital [Putnam 2000, Woolcock e Sweetser 2002]. Il capitale sociale di tipo bonding si riferisce alle relazioni interpersonali all’interno di un gruppo omogeneo nel quale tutti gli individui si conoscono vicendevolmente, ed è dotato di un limitato insieme di legami locali. Il capitale sociale di tipo bridging invece comprende i legami deboli [Granovetter 1973], dando peso pertanto a quelle relazioni superficiali che si estendono al di fuori del territorio locale (legami extra-locali), di un network sociale locale di individui o di un comunità, tout court. Il bonding social capital svolge quindi il compito di generare solidarietà e forme di reciprocità specifica, isolando e rafforzando identità di gruppi omogenei, al contrario del bridging social capital che genera identità e reciprocità ampie, costruendo dei gruppi più estesi e disomogenei. In questo caso, l’ampiezza delle reti potrebbe divenire un elemento che induce alla realizzazione di effetti sistemici e di esternalità positive, e successivamente alla genesi di beni collettivi [Mutti 2002].

I due tipi di capitale sociale concorrono a spiegare le ragioni di alcuni processi di sviluppo di determinati gruppi sociali. Se entrambi determinano un influsso positivo sulla comunità, possono incentivare la crescita del flusso di informazione e competenze tra differenti stakeholder, nonché favorire la crescita di un linguaggio condiviso tra gli stessi attori sociali. Possono facilitare inoltre la creazione di relazioni extra-locali, permettendo la negoziazione di interessi locali con gli attori esterni tramite delle reti che consentono di ottenere assistenza tecnica e finanziaria [Flora e Flora 1993, Lin 2001, Putnam 1993].

Appunti sul capitale sociale di Cruz de Mayo

Il capitale sociale di tipo bonding della comunità Cruz de Mayo appare particolarmente forte soprattutto relativamente al contesto familiare e a quello vicinale. Ciascuna famiglia ha un legame particolare con i vicini di casa, esiste molta collaborazione e aiuto reciproco, che spesso si estrinseca nell’aiuto vicendevole nei diversi lavori da svolgere sui campi o con gli animali. «Io oggi aiuto il mio vicino nella semina delle patate, e domani lui mi aiuta nello sgranare le spighe di grano» ci comunicò un contadino di Cruz de Mayo nell’agosto 2011 durante una pausa dal lavoro sul suo appezzamento. I contatti con le altre borgate della comunità invece sono ridotti al lumicino e di solito avvengono tramite il baratto di prodotti agricoli oppure quando la popolazione viene convocata alle riunioni stabilite per discutere su temi attinenti l’intera comunità o ancora alle feste collettive come il Día del Campesino o la Semana Santa , durante la quale molti abitanti di Cruz de Mayo scendono in città, a Caraz. Questa difficoltà a mantenere relazioni significative e frequenti tra i vari centri abitati, è spiegabile parzialmente con l’estensione territoriale della comunità e il suo impervio territorio andino, che ha portato a costruire la abitazioni abbastanza lontane le une dalle altre, il che si estrinseca in un’organizzazione insediativa sparpagliata. In aggiunta, non esistono molti luoghi d’incontro dove i giovani possano incontrarsi spesso e socializzare, a parte il campo da calcio, che però è di uso esclusivo del genere maschile. Con l’emergere del conflitto però, il numero d’incontri e riunioni è aumentato per forza di cose, assieme allo scambio di informazioni a allo spirito unitario.

Il capitale sociale di tipo bridging invece è abbastanza debole, poiché esistono pochissime relazioni stabili e durature con soggetti e istituzioni esterne alla comunità. I legami con il mondo esterno a Cruz de Mayo si manifestano nelle attività commerciali (mercato di Caraz) o in quelle istituzionali (relazioni con i rappresentanti del Comune di Caraz per risolvere i problemi comunitari e chiedere assistenza). È altrettanto vero che alcuni membri, di solito i più giovani, escono temporaneamente (per qualche mese) dalla comunità per guadagnare qualche soldo, e poi tornare a Cruz di Mayo con i relativi risparmi. Queste esperienze permettono di ampliare la conoscenza sulla realtà, di apprendere nuove attività lavorative (come quella di muratore o di elettricista) e allo stesso tempo di carpire nuovi aspetti di una cultura parecchio diversa da quella di origine. Di fatto, queste migrazioni temporanee hanno prodotto dei cambiamenti immediatamente evidenti negli usi e costumi giovanili, come nel modo di vestire e/o nella musica ascoltata.

Il conflitto che si è instaurato con la Duke Energy, prolungandosi nel tempo ha provocato un allargamento ulteriore delle relazioni degli abitanti di Cruz de Mayo, formando dei ponti relazionali con l’esterno. Basti pensare alle relazioni instaurate con CEAS, o con i ricercatori venuti a studiare il caso conflittuale, o con altre comunità rurali incuriosite dall’azione collettiva, o ancora i rapporti creatisi tra i leader del movimento e le istituzioni tout court.

Ciò nonostante, all’epoca della mia indagine preliminare (nel 2011) notai una crescente sfiducia rispetto ad alcuni attori istituzionali statali, alle imprese private ovviamente, ma anche ad alcuni ricercatori, che desideravano ottenere informazioni sulla situazione del lago, sul conflitto in corso e sulle posizioni della comunità rispetto a esso. La comunità si è aperta invece alla collaborazione con CEAS, nella quale i leader del movimento sociale confidano molto. CEAS sta sostenendo e appoggiando Cruz de Mayo da vari anni, soprattutto dando dei suggerimenti sulle problematiche concernenti il conflitto e tramite corsi di formazione inerenti alle tematiche giuridiche e diplomatico-strategiche.

Presumibilmente, anche grazie all’apporto di CEAS, adesso la popolazione di Cruz de Mayo conosce bene l'importanza e il ruolo che ha l'acqua nello sviluppo della comunità. Una simile consapevolezza crediamo sia cresciuta soprattutto negli ultimi anni, nutrita dal conflitto stesso, il quale ha condotto a dibattere di frequente e in varie sedi attorno al tema dell’acqua. Una fetta di popolazione è cosciente che l’acqua rappresenta una risorsa che nel futuro potrebbe divenire scarsa, a causa del cambiamento climatico in corso e del conseguente incessante scioglimento dei ghiacciai, fenomeno che al di sopra del lago Parón risulta abbastanza evidente. «El agua es vida» usano ripetere molti degli abitanti della vallata Parón-LLullán, quasi fosse un mantra da recitare ogni qualvolta si parlasse del conflitto e del futuro del lago.

Il rapporto che gli abitanti del posto hanno intessuto nel tempo con il loro territorio, sembra particolarmente saldo, soprattutto rispetto alla terra su cui vivono e sugli appezzamenti agricoli che possiedono e su cui lavorano, anche se questo legame pare si stia estendendo anche al di fuori del proprio recinto familiare, allargandosi appunto al lago Parón e al territorio della comunità Cruz de Mayo nella sua interezza.

Conclusioni

L’indagine sul capitale sociale di tipo bonding e di tipo bridging, permette di considerare che anche le caratteristiche di una comunità rurale come Cruz de Mayo sono composte da una miriade di fattori interni ed esterni. In nessun caso queste si rifanno unicamente al contesto locale, giacché, nel contesto di questa società globalizzata non esiste gruppo sociale che non sia influenzato da culture altre, dunque diverse da quella di appartenenza. In quanto appartenente al comune di Caraz, il quale appartiene alla regione di Ancash, che si trova nello stato peruviano, che si colloca in Sud-America (potremmo dilungarci con questa sfilza di appartenenze) la comunità Cruz de Mayo, malgrado si trovi in uno stato di relativa marginalità socio-territoriale non può considerarsi esentata dai processi socio-culturali, economici e storico-politici condivisi da tutta la popolazione (volente o nolente) peruviana. È in un simile contesto “glocalizzato”[11] quindi, che è opportuno leggere il fenomeno conflittuale sopra descritto, il quale si inserisce in un modello di mobilitazione nazionale di stampo frammentario, disorganico e disarticolato.

En la glocalización andina contemporánea, no son solamente los actores y los circuitos económicos los que tienen existencia global, sino también muchos de los actores sociales que los resisten, además de muchos de los discursos que se movilizan para nutrir esta resistencia y darle coherencia ideológica [Bebbington 2007, 34].

A un primo sguardo la lotta attorno alla gestione dell’acqua del lago Parón pare essersi incentrata innanzitutto su dei meri interessi localistici, per svanire poi negli accordi ottenuti tramite una sapiente mediazione tra gli attori in gioco, ma un’analisi simile non sarebbe esaustiva. Se si osserva meglio difatti, il conflitto si inquadra per forza di cose all’interno del complesso gioco delle dinamiche nazionali, macro-regionali e globali. Gli accordi raggiunti inoltre non permettono al conflitto di dissolvervi così facilmente, ma lo spingono a rituffarsi nelle profondità lacustri, nell’attesa che un giorno ne riemerga in una nuova forma.

La volontà e la capacità di dialogare degli attori principali, quali la comunità Cruz de Mayo e CEAS, con il loro potente nemico Duke Energy, assieme all’essenziale opera di mediazione svolta dalle istituzioni locali e statali potrebbero dare un segnale agli altri movimenti sociali peruviani. La dimostrazione che la coesione, la determinazione e le alleanze (nel nostro caso CEAS è stata decisiva) possono “risolvere” (o forse meglio dire smorzare) un conflitto socio-ambientale del genere, potrebbe favorire un’intesa anche tra altri gruppi sociali del Perù interessati da lotte similari innestate in una “dimensione glocale”.

La economía, la sociedad civil, los discursos y las instituciones políticas de las zonas de influencia minera son todos glocalizados y con ellos, aunque en diversos grados, cada una de las localidades donde se asientan los recursos mineros [Ibidem].

All’interno di tale fenomeno di glocalizzazione, è auspicabile che i movimenti socio-ambientali peruviani agiscano tenendo conto di ciò, magari adottando un approccio anti-neoliberistico, il quale già articola i movimenti e gli spazi di resistenza in varie zone del centro e sud-America, rendendo possibile la glocalizzazione delle lotte sociali.

Con questo vogliamo dire che i conflitti possono essere inseriti in una critica sistemica che permetta l’articolazione con altri conflitti e attori nei livelli nazionali e internazionali, senza che perdano la loro base locale. Come già accennato, questo ancora non si è verificato in Perù, soprattutto per l’assenza di articolazione e continuità nei movimenti, e per il fatto che le proteste sono rimaste perlopiù legate a conflitti di stampo locale. Tale condizione suggerisce che «la fragmentación política y social de la sociedad ha impedido la identificación del campo histórico actual por parte de los actores sociales» [Hoetmer 2006, 179].

Nel caso del conflitto socio-ambientale appena presentato, il quale ha avuto una forte connotazione localistica, ma che ha avuto la forza di creare delle alleanze extra-locali durature, sarà importante osservare l’evoluzione o l’involuzione futura di queste alleanze, nonché il grado di unità comunitaria. L'assenza di un nemico comune potrebbe infatti sfaldare il legame specifico creatosi internamente (il capitale sociale di tipo bonding ) grazie a molti anni di conflitto e condurre gli abitanti di Cruz de Mayo a rinchiudersi nei loro piccoli mondi costituti dalla famiglia e dal vicinato. Lo stesso potrebbe accadere per il capitale sociale di tipo bridging , il quale potrebbe sciogliersi come neve al sole, visto che l’aiuto di attori esterni quali CEAS o di altre istituzioni o comunità rurali simili, adesso non è più strettamente necessario. Tuttavia esiste la possibilità che l’esperienza conflittuale abbia cambiato profondamente la forma mentis degli abitanti locali, i quali una volta compresa l’importanza e l’influenza che possono assumere in una situazione di lotta simile, potrebbero continuare a interagire e legare con nuovi attori collettivi, sulla spinta del rafforzato capitale sociale bridging .

Studiare a fondo i tratti distintivi di una comunità come Cruz de Mayo, può far luce sulle molteplici dinamiche che attraversano una popolazione che affronta un conflitto sociale attorno alle risorse naturali, sui cambiamenti sociali che un conflitto glocale genera su una popolazione così radicata nel suo territorio, ma pure sulle potenzialità insite nelle popolazioni e nei movimenti sociali peruviani di andare oltre a queste dinamiche conflittuali costruite spesso attorno a mere istanze locali, per finalmente innestarsi in una dimensione glocale, al fine di criticare il sistema economico dominante e gettare il seme del cambiamento sociale.

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[1] Sendero Luminoso è un’organizzazione terroristica guerrigliera che si propone di sovvertire l’ordine costituito e di instaurare il socialismo attraverso la lotta armata. Le sue azioni terroristiche sviluppatesi negli anni ’80 e ’90 furono rappresentate perlopiù da attacchi a obiettivi strategici, messi in atto con irruzioni armate e attentati con auto-bombe [CVR 2003].

[2] Fonte:Carlos Milla, uno dei principali leader della comunità Cruz de Mayo.

[3] Fonte: registro di comuneros e comuneras della comunità rurale Cruz de Mayo risalente al 2008.

[4] Cañón del Pato è una delle centrali che genera più energia all’interno del Sistema interconectado nacional del Perú e si trova nel distretto di Huallanca, a circa 40 km da Caraz. La centrale ha un sistema d’immagazzinamento di acqua posto nei laghi montani andini vicini: Parón, Cuchillacocha, Aguashcocha y Rajucolta; come pure nei bacini artificiali di San Diego 1 e 2.

[5] Questa dinamica degli eventi è sostenuta tra gli altri dal direttore del Parco Naturale Huascarán, Marco Arenas e dall’ingegnere Jaime Ocaña che fu a capo delle operazioni di costruzione e gestione della centrale idroelettrica Cañon del Pato per 20 anni.

[6] La commissione di utilizzatori (irrigatori) della vallata Parón-Llullán è composta dai rappresentanti degli agricoltori che si serve dell’acqua proveniente dal lago Parón per l’irrigazione dei propri appezzamenti e per la pescicoltura.

[7] La Comisión Episcopal de Acción Social, formata nel 1965, è un organo di servizio della Conferenza Episcopale Peruviana, per la difesa e la promozione dei diritti umani. Promuove un’azione pastorale in difesa dei diritti umani, che consolidi la giustizia, la democrazia, lo sviluppo e la pace nel Perú.

[8] Oficina Nacional de Diálogo y Sostenibilidad, creata per volere della Presidenza del Consiglio dei Ministri peruviana proprio nel 2012, come organo tecnico specializzato per la gestione delle diversità e la risoluzione di controversie e conflitti sociali.

[9] Istituto nazionale di Difesa Civile - Centro Nazionale di Stima, Prevenzione e Riduzione dei Rischi di Disastri - Autorità Nazionale dell’Acqua.

[10] DATCO S&H S.R.L è un’impresa locale di Huaraz incaricata di realizzare lavori ingegneristici, edili e di gestione dei sistemi. I rappresentanti della comunità andina sollecitarono questa soluzione in modo da evitare nuovi conflitti per la presenza di dipendenti della compagnia idroelettrica.

[11] Fu il sociologo Roland Robertson [1992] il primo a utilizzare in ambito scientifico il termine “glocalization” per definire i processi di costruzione dei territori che devono essere intesi come globalizzati e localizzati allo stesso tempo.